Un horror ambientato in pieno giorno, tra fiori, danze e gente che sorride come se nulla fosse? "Midsommar" non è solo un film: è un trip visivo, emotivo e psicologico che ha scombussolato anche gli spettatori più temprati. Diretto da Ari Aster, il genio disturbato dietro "Hereditary", questo cult del 2019 ha fatto esplodere i confini del genere, sostituendo il buio con la luce, i mostri con le tradizioni, e il sangue con... fiori. Tanti, tantissimi fiori.
Ma il vero incubo non è stato il villaggio isolato in mezzo ai boschi, bensì la discesa di Dani (una Florence Pugh magnetica e straziante) dentro un universo in cui empatia e manipolazione si sono mescolate alla perfezione. Il suo viaggio ha incollato gli occhi allo schermo: ha pianto, ha urlato, ha visto cose che noi umani... meglio non descrivere.
E alla fine? Il sorriso enigmatico che Dani ha mostrato, avvolta in un mantello floreale degno di un festival Coachella versione apocalisse, ha spaccato in due il pubblico. Un’illuminazione? Una follia? Una rinascita?
Ecci tutte le risposte - quelle visibili e quelle nascoste tra simboli, rune e fuochi sacrificali - e svelato anche dove è stato girato davvero questo inquietante gioiello visivo (spoiler: non in Svezia).
Dani (Florence Pugh), distrutta da un lutto familiare, si è unita al fidanzato Christian e a due amici per un viaggio verso una comunità rurale svedese che celebrava un festival pagano ogni novant’anni. Quello che inizialmente è sembrato un rifugio sereno è diventato subito un incubo.
I rituali del villaggio Hårga si sono rivelati disturbanti, tra suicidi rituali, cerimoniali allucinogeni e atmosfere da sogno lucente. La comunità ha accolto Dani con empatia, mentre Christian si è mostrato sempre più insensibile - e alla fine vittima del sacrificio collettivo.
Ma poi?
Nonostante il delirio visivo promettesse la Svezia, le riprese si sono svolte principalmente in Ungheria, nell’area metropolitana di Budapest. Solo poche scene, come la casa e l’ambientazione iniziale invernale, si sono girate a Draper e nel vicolo Exchange Place in Utah, negli Stati Uniti.
Alcuni fan hanno perfino rintracciato il set vicino a un aeroporto di Budapest (Farkashegyi), riconoscendo edifici e piattaforme rituali nelle immagini storiche. Il risultato? Svedese nell'estetica, ma realizzato altrove, tra laghi rigogliosi e campi ritoccati con CGI minima.
Nel gran finale, Dani è stata incoronata Regina di Maggio, adornata di fiori, trionfante come protagonista di un rituale collettivo. Ma questa liberazione era autentica o un lavaggio del cervello? Alcuni hanno interpretato il suo sorriso finale come una vittoria personale.
Secondo questa teoria, Dani ha trovato finalmente una famiglia che l’ha vista davvero. Altri, invece, l’hanno letto come il sintomo di una psicosi: una donna mentalmente esausta che non ha scelto nulla. In entrambi i casi, il film ha giocato con l’ambiguità, ponendo lo spettatore davanti al crudo interrogativo: cos’è davvero la libertà?
Ari Aster ha costruito l’universo di "Midsommar" basandosi su rito nordico reale e invenzioni dark. Ha studiato musei di folklore svedese, antichi fattorie (Hälsingland) e testi come "The Golden Bough" di James Frazer e l’antròposofia steineriana per creare un culto credibile e inquietante.
Costumi, scenografie e simbolismi (come rune antiche cucite sui vestiti, incluso il Tiwaz sul camice di Christian) hanno sottolineato il destino tragico del suo personaggio. Anche il rituale del "tempio di fuoco" è stato interpretato come simbolo di rinascita: distruzione per un nuovo ciclo.