Da giovedì 20 luglio in edicola il nuovo, attesissimo numero di “Giallo”, il settimanale che ogni settimana vi tiene aggiornati sulle più scottanti storie di cronaca nera italiana e internazionale, tra delitti irrisolti, misteri, inchieste e approfondimenti esclusivi.
Albina Perri, direttore di Giallo, ha presentato il nuovo numero del settimanale ai microfoni di Fabio Camillacci su Radio Cusano Campus.
Il cuore del nuovo numero di Giallo è rappresentato da uno speciale che getta nuova luce – e nuovi dubbi – sulla vicenda giudiziaria che ha sconvolto l’Italia: l’omicidio di Chiara Poggi, uccisa nella sua abitazione di Garlasco il 13 agosto 2007, per il quale è stato condannato il fidanzato Alberto Stasi.
L’articolo, pubblicato a pagina 8, raccoglie la voce degli avvocati della difesa, di esperti e della Procura di Pavia, mostrando come le recenti indagini abbiano messo in luce errori e superficialità nelle indagini scientifiche originali.
La Procura di Pavia ha infatti comunicato ufficialmente che la famosa garza utilizzata durante l’autopsia per prelevare materiale dalla bocca di Chiara Poggi era stata contaminata con il DNA di un altro cadavere esaminato in precedenza nella stessa sala autoptica. Un errore grave, che compromette completamente l’attendibilità di una delle prove chiave della condanna.
Non solo: sulla stessa garza erano già state individuate, tempo fa, tracce di DNA di un infermiere. Ora si scopre che l’intero procedimento, dai rilievi alla conservazione delle prove, potrebbe essere stato viziato da contaminazioni, omissioni e procedure non rispettate.
La difesa di Stasi, attraverso l’avvocato Giada Bocellari, sottolinea la gravità della situazione: “Tutte le analisi che hanno portato Alberto in carcere potrebbero essere state contaminate”, afferma. E non si tratta solo della garza: già in passato era emerso che il cadavere non era stato pesato, che non erano state prese le impronte digitali e che la scena del crimine era stata attraversata da più persone senza calzari e guanti, rendendo dunque inaffidabili anche le tracce raccolte in casa Poggi. Queste circostanze minano la solidità stessa della condanna definitiva.
L’inchiesta di Giallo ricostruisce passo dopo passo tutti gli errori, dagli sbagli durante l’autopsia (la scelta di una semplice garza al posto di un tampone sterile, la commistione con altri cadaveri, le sale autoptiche non idonee) fino ai dubbi sui reperti principali: il DNA di Chiara Poggi trovato sui pedali della bici di Stasi, il famigerato portasapone con impronte miste, la famosa questione della camminata e la tempistica della morte della vittima, più volte modificata durante l’inchiesta.
Vengono inoltre riportati i commenti di esperti e magistrati, come il giudice Stefano Vitelli – che aveva assolto Stasi in primo grado – il quale rimarca che una simile contaminazione “non si era mai vista” e che ci sono “seri motivi per considerare la revisione del processo”.