26 Aug, 2025 - 13:33

Il giallo dei Sibillini: la fine di Jeannette Bishop Rothschild e Gabriella Guerin

Il giallo dei Sibillini: la fine di Jeannette Bishop Rothschild e Gabriella Guerin

La puntata di “Trovati Morti”, condotto da Fabio Camillacci sul canale 122, ha approfondito uno dei casi più enigmatici della cronaca nera italiana: la scomparsa e la morte di Jeannette Bishop Rothschild e della sua ex cuoca e segretaria, Gabriella Guerin, avvenuta tra il novembre 1980 e il gennaio 1982 sui Monti Sibillini, in provincia di Macerata. Il caso, noto anche come “giallo dei Sibillini” o “giallo di Sarnano”, ha attirato attenzione internazionale per il coinvolgimento della baronessa Jeannette Bishop, già moglie del finanziere Evely Rothschild e successivamente sposata con Stephen Charles May, imprenditore e direttore di Harots.

Le due donne si trovavano nella frazione Schito di Sarnano per supervisionare alcuni lavori di restauro in una casa acquistata dal sarnanese Vittorio Porfiri. Il 29 novembre 1980, nonostante le condizioni climatiche avverse, decisero di fare un giro in montagna a Sassotetto a bordo della loro Peugeot 104 nera. L’auto, di proprietà del britannico Charles Raymond Flower di Castellina in Chianti, fu avvistata più volte da testimoni locali: alle 16 presso il negozio Tutto per l’edilizia di Gianni Bianchelli, intorno alle 17 nei pressi dell’albergo Aipini, e più tardi ancora in piazza della Libertà da altri cittadini. Dopo questi ultimi avvistamenti, le due donne sparirono nel nulla.

Il ritrovamento dei loro resti avvenne il 27 gennaio 1982, grazie a due cacciatori, Domenico Panunti e Corrado Ermini, vicino a un laghetto tra il lago di Fiastra e l’Eremo di San Liberato, a circa 30 chilometri dal luogo in cui era stata rinvenuta l’auto. I resti furono trovati vicino al torrente Rio Bagno, sparsi in un’area di circa 200 metri quadrati e danneggiati dai cinghiali. Alcune parti del corpo, come cranio e collo, risultavano mancanti, ma erano ancora presenti vestiti, borse e cuoio capelluto.

A commentare il caso il giornalista investigativo Fabio Sanvitale, presente in collegamento, ha sottolineato come il cognome Rothschild abbia contribuito a creare collegamenti con altri misteri italiani e internazionali, come la scomparsa di Emanuela Orlandi e scandali finanziari legati al Banco Ambrosiano. Secondo Sanvitale, questi legami derivano più da suggestioni e dalla notorietà di Jeannette Bishop che da prove concrete. Egli ha evidenziato come la pista più solida resti quella della “morte bianca”, ossia una tragedia causata dalle difficili condizioni climatiche dei Monti Sibillini.

La criminologa e psicoterapeuta Barbara Fabroni ha commentato come la vicenda assomigli a un romanzo catastrofico. Fabroni ha ricordato che il ritrovamento dei corpi a distanza di due anni ha alimentato numerose narrazioni suggestive, con ipotesi investigative talvolta contraddittorie. L’autopsia iniziale indicava che le due donne erano morte sul luogo del ritrovamento senza segni di violenza, mentre successive analisi hanno suggerito che i corpi potrebbero essere stati spostati dopo la morte, a causa della mancanza dei liquidi della decomposizione nel terreno.

La riapertura del caso nel 2024 dal procuratore di Macerata Fabrizio Narbone, con il sostituto procuratore Francesco Carusi e i ROS di Roma, ha permesso nuovi interrogatori e il riesame del fascicolo originario. Sono stati ascoltati numerosi testimoni: il geometra Nazareno Venanzi, la moglie Francesca Carducci, il cugino Angelo Venanzi, l’interprete Pellegrini, i due cacciatori, il figlio di Vittorio Porfiri e il proprietario del negozio Gianni Bianchelli. Inoltre, tre dei cinque cantonieri dell’epoca (Roberto Paganelli, Vittorio Vallesi e Giacomo Frontoni) sono stati nuovamente convocati. Vallesi, oggi 82enne, ha raccontato quanto ricordava a distanza di oltre 40 anni.

Durante la puntata, Sanvitale ha ricordato come alcune testimonianze relative a persone ignote e automobili avvistate vicino alle due donne possano non essere indicazioni di un crimine, ma semplici coincidenze o suggestioni post-evento. Alcuni testimoni hanno riferito di aver visto Jeannette parlare con un uomo vestito di bianco, probabilmente inglese, mentre Gabriella rimaneva in disparte come interprete. Altri hanno segnalato la presenza di un’auto di grande cilindrata seguita dalla Peugeot 104, ma nessuna prova concreta collega questi eventi a un’aggressione.

Fabroni ha sottolineato l’importanza della notorietà di Jeannette Bishop e della sua vita nel jet set internazionale per capire come il caso abbia suscitato così tante teorie suggestive. La criminologa ha osservato che, pur senza prove di omicidio, la ricostruzione di alcuni elementi, tra cui la scelta di avventurarsi in montagna nonostante la tormenta, il ritrovamento dei corpi dopo due anni in un’area frequentata dai cacciatori e le contraddizioni tra autopsia e accertamenti, rende il caso estremamente affascinante e complesso.

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