Il film Troy del 2004, diretto da Wolfgang Petersen e liberamente ispirato all’Iliade di Omero, è una grande epopea storica che unisce azione spettacolare, dramma e riflessione sulla guerra. La pellicola, che vede protagonisti Brad Pitt nei panni di Achille, Eric Bana come Ettore e Orlando Bloom nel ruolo di Paride, racconta la decennale guerra tra Greci e Troiani con uno stile hollywoodiano ma pur sempre legato a temi universali: l’onore, la gloria, la caducità della vita e il prezzo dei conflitti.
La produzione di Troy si è avvalsa di location spettacolari e diversificate, capaci di restituire il respiro epico della vicenda. Le principali riprese si sono svolte a:
Questa combinazione di luoghi reali e set ricostruiti ha contribuito a conferire al film una forte autenticità visiva, ricreando ambientazioni monumentali che immergono lo spettatore in un mondo lontano nel tempo.
Il film si avvia alla conclusione con l’episodio più celebre della saga troiana: l’inganno del cavallo di legno. Dopo dieci anni di guerra, i Greci inscenano una ritirata lasciando davanti alle mura di Troia un enorme cavallo cavo. Convinti che si tratti di un dono agli dèi, i Troiani trascinano l’enorme struttura all’interno della città. Durante la notte, i soldati greci nascosti al suo interno aprono le porte, permettendo all’esercito greco di entrare e devastare la città.
Troia viene messa a ferro e fuoco: case distrutte, templi profanati e civili uccisi. Il re Priamo viene assassinato da Agamennone, che intende vendicarsi e celebrare la sua vittoria. Ma Agamennone non avrà gloria a lungo: sarà ucciso da Briseide, schiava troiana e ex compagna di Achille, che vendica così il suo popolo.
Achille, nel frattempo, entra in città per cercare Briseide. Durante l’assalto, trova invece Paride, che difende la donna e scaglia contro l’eroe diverse frecce, colpendolo al tallone e al petto. Achille muore tra le braccia di Briseide, che ne piange la caduta. Il film sottolinea così l’intera parabola del guerriero: imbattibile in battaglia, ma inevitabilmente fragile perché mortale.
L’ultima scena mostra l’esodo dei sopravvissuti guidati da Enea, a cui viene consegnata la spada di Troia. Questo dettaglio, assente nell’Iliade ma preso da altri racconti del ciclo troiano, allude direttamente alla futura fondazione di Roma, legando mito greco e mito romano.
Il finale di Troy si carica di diversi significati simbolici. Da un lato mostra la caducità delle glorie umane: la città più potente d’Asia viene distrutta in una notte, gli eroi più valorosi cadono nonostante la loro forza. Achille stesso, emblema del guerriero invincibile, cede a una delle più fragili condizioni mortali, la ferita al tallone, evidenziando l’inevitabilità della morte.
Dall’altro lato, il film suggerisce un significato di continuità attraverso il mito di Enea. Non tutta la speranza si perde nella distruzione: dalla fine di Troia nascerà un nuovo inizio, quello che, secondo la tradizione, porterà alla nascita di Roma. In questo senso, la pellicola collega il tema della fine con quello della rinascita, attribuendo un respiro universale alla tragedia.
Infine, sul piano più intimo, la morte di Achille fra le braccia di Briseide mostra come anche il più grande eroe non scappa all’amore e alla vulnerabilità. La guerra, il desiderio di gloria e le rivalità finiscono per ridursi a un dramma profondamente umano: la perdita.