Nel programma del canale 122 Trovati Morti si è tornati a parlare di una delle pagine più oscure della storia giudiziaria italiana: l’omicidio del magistrato Antonino Scopelliti, assassinato il 9 agosto 1991 a Campo Calabro. A distanza di trent’anni, nessun colpevole è stato individuato in via definitiva, ma la recente riapertura delle indagini sembra aprire uno spiraglio che potrebbe rivelarsi decisivo. A confrontarsi sul tema, offrendo analisi e punti di vista diversi ma complementari, sono stati Luigi Bonaventura, ex boss della ’Ndrangheta oggi collaboratore di giustizia, l’avvocato penalista Antonio Nucera e la psicoterapeuta, criminologa e giornalista Barbara Fabbroni.
La trasmissione ha ripercorso la recente ricostruzione giudiziaria compiuta a Campo Calabro, nel luogo in cui due sicari uccisero Scopelliti mentre percorreva la strada a bordo della sua Bmw 318. Per la prima volta, dopo decenni, l’auto del magistrato è stata riportata sul posto e mostrata al pubblico: una macchina crivellata di colpi, custodita fino a oggi dalla famiglia della vittima. La riapertura delle indagini potrebbe avere collegamenti con le dichiarazioni rese nel 2019 dal collaboratore di giustizia Maurizio Avola, il quale indicò un’arma ritrovata nelle campagne catanesi come quella che sarebbe stata utilizzata per compiere l’agguato. La pista è ancora al vaglio, ma il ritorno dell’attenzione investigativa su questo delitto riapre scenari che per troppo tempo sono rimasti in ombra.
Barbara Fabbroni ha sottolineato come la figura di Scopelliti sia stata emblematica. Magistrato simbolo, rappresentava la voce dello Stato nei processi più delicati della Repubblica, chiamato a sostenere l’accusa in Cassazione contro i vertici di Cosa Nostra. La sua morte ha incarnato
vittima della solitudine in cui spesso vengono lasciati coloro che si trovano in prima linea a combattere la criminalità organizzata. La Fabbroni ha rimarcato che dietro quell’omicidio non c’è solo la brutalità dell’agguato, ma anche il senso di abbandono istituzionale di fronte a un nemico che colpisce con decisione e senza esitazioni.
L’avvocato Antonio Nucera, analizzando il quadro giuridico e investigativo, ha messo in evidenza la difficoltà di individuare un movente chiaro e definitivo. Secondo lui, il magistrato fu lasciato solo già in vita e poi anche dopo la morte, quando non si comprese immediatamente che si trattava di un omicidio e non di un incidente stradale. Le indagini furono segnate da errori e superficialità, che oggi appaiono evidenti alla luce del tempo trascorso. Per Nucera, il lavoro che si sta svolgendo adesso sembra quasi il tentativo di
Rimane comunque complesso definire con precisione fatti, responsabilità e moventi: in via teorica la pista della criminalità organizzata resta quella più probabile, ma nulla può dirsi concluso.
La stessa Fabbroni ha osservato come, nel contesto storico e territoriale di allora, fosse più semplice archiviare i fatti parlando di incidente, piuttosto che affrontare apertamente la realtà di un omicidio di stampo mafioso. Solo in seguito è emersa con chiarezza la vera natura del delitto, ma intanto gli anni sono trascorsi e l’omertà diffusa in quel territorio ha reso ancora più difficile fare luce sugli esecutori e i mandanti. La criminologa ha ribadito che oggi, grazie alla riapertura delle indagini, potrebbero emergere dati più concreti, capaci di contrastare quel muro di silenzio che per lungo tempo ha coperto la vicenda.
Il collegamento con Luigi Bonaventura ha aggiunto una prospettiva interna al mondo criminale. L’ex boss, oggi collaboratore di giustizia, ha ricordato come esistessero forti contrasti e alleanze che caratterizzavano i rapporti tra le organizzazioni mafiose, sottolineando il ruolo che questi equilibri ebbero nel contesto in cui maturò l’omicidio. Bonaventura ha inoltre posto l’accento sulla situazione attuale dei collaboratori di giustizia in Italia: secondo lui, il numero è cresciuto fino a circa 700 unità, ma la qualità delle dichiarazioni non sempre è adeguata. Il programma di protezione, a suo avviso, non risponde pienamente alle esigenze di chi decide di rompere con le organizzazioni criminali, e questo finisce per compromettere la possibilità di ottenere denunce solide e utili.
ha affermato con amarezza.
Oggi, con la nuova ricostruzione e le testimonianze riemerse, sembra aprirsi una possibilità di scrivere una pagina diversa, che restituisca almeno parzialmente giustizia a una vita spezzata.