Il delitto di Garlasco continua a riempire le cronache e a dividere l’opinione pubblica a distanza di anni dall’omicidio di Chiara Poggi, avvenuto nell’agosto 2007. Di recente il confronto tra i legali Massimo Lovati e Antonio De Rensis, ospiti del programma “Ore 14”, ha riportato al centro dell’attenzione nuove ipotesi e vecchi sospetti su uno dei casi di cronaca nera più controversi d’Italia. Al centro del dibattito, ancora una volta, il ruolo di Alberto Stasi, l’ex fidanzato di Chiara e condannato in via definitiva per l’omicidio della giovane. Ma quali sono le nuove ombre sollevate e i punti di accordo tra i due avvocati?
Durante la trasmissione, è emerso un vivace scontro tra Massimo Lovati, legale di Andrea Sempio (altro indagato in passato), e Antonio De Rensis, avvocato difensore di Stasi. Il dibattito ha avuto origine da quanto dichiarato da Stasi nella prima telefonata ai carabinieri subito dopo la scoperta del corpo di Chiara Poggi. Stasi raccontò agli agenti di aver trovato la ragazza “stesa per terra” e di pensare che “forse era ancora viva”.
Massimo Lovati ha sottolineato la presunta incongruenza tra quanto dichiarato inizialmente da Stasi e ciò che risulterebbe poi dalle foto della scena del crimine: Chiara, secondo gli scatti della scientifica, si trovava invece sulle scale che portavano al piano inferiore della villetta. Antonio De Rensis ha però evidenziato come, nella concitazione del momento, Stasi non avrebbe potuto essere preciso sulla posizione del corpo. Tuttavia, questa discordanza alimenta ancora dubbi e sospetti, secondo alcuni osservatori.
Lovati, andando oltre la colpa diretta, lancia una nuova ipotesi: secondo il legale, Stasi mentirebbe non in quanto complice, ma per coprire altri soggetti coinvolti nell’omicidio. “È una pedina in mano ai veri assassini”, sostiene Lovati, riferendosi alla possibilità che l’ex fidanzato sia stato manipolato nelle ore successive al delitto—una teoria che però non trova il consenso dello studio televisivo, né di De Rensis né della criminologa Roberta Bruzzone, anch’essa presente in trasmissione.
Secondo Lovati, la menzogna di Stasi avrebbe permesso un primo depistaggio: la segnalazione di una possibile sopravvivenza di Chiara avrebbe spinto i carabinieri a credere inizialmente in un incidente domestico, con conseguente ingresso nella casa senza calzari e quindi potenziale inquinamento della scena del crimine.
Sul tema della premeditazione, invece, entrambi i legali trovano terreno comune. Sia Lovati che De Rensis concordano: il delitto di Garlasco non sarebbe stato il risultato di una lite improvvisa, bensì di un’azione studiata a fondo. A supporto di questa tesi, viene portato l’argomento dell’assenza di oggetti mancanti dalla casa, eccezione fatta per un martello ed alcuni asciugamani, la cui scomparsa fu segnalata dai genitori di Chiara. Tuttavia, secondo De Rensis, il martello non sarebbe compatibile con tutte le ferite ritrovate sul corpo della vittima, alimentando ulteriori interrogativi sulla vera dinamica e sull’arma utilizzata.
Nonostante le divergenze sulla posizione di Stasi, l’opinione prevalente tra i presenti in trasmissione, inclusa la criminologa Bruzzone, è che la pista dei “mandanti” e delle manipolazioni post-delitto resti, almeno per ora, una teoria non suffragata da prove solide. Resta forte l’accordo sul carattere premeditato del delitto, un aspetto che nel tempo ha portato a numerose ipotesi alternative ma poche certezze giudiziarie.