22 Sep, 2025 - 10:07

Garlasco, le gocce di sangue accanto al divano e la nuova ricostruzione

Garlasco, le gocce di sangue accanto al divano e la nuova ricostruzione

Il delitto di Garlasco continua a far discutere, nonostante siano passati ormai più di diciotto anni dall’omicidio di Chiara Poggi, la giovane di 26 anni trovata morta il 13 agosto 2007 nella sua abitazione. La condanna definitiva di Alberto Stasi a 16 anni di carcere non ha posto fine ai dubbi, alle ricostruzioni alternative e alle ombre investigative che avvolgono il caso. Tra i tanti punti mai davvero chiariti vi è quello legato alle presunte gocce di sangue rinvenute accanto al divano del salotto. Una traccia che, per alcuni studiosi di criminologia, potrebbe cambiare radicalmente l’interpretazione della dinamica del delitto.

Le gocce di sangue accanto al divano

Durante i sopralluoghi effettuati nell’abitazione di Chiara, gli investigatori rilevarono diverse tracce ematiche. Oltre al pavimento intriso di sangue nella zona dell’ingresso, e alle evidenti macchie sulle scale che portavano in cantina, gli inquirenti notarono anche piccole gocce di sangue nei pressi del divano del soggiorno. Tracce apparentemente marginali, che non furono mai al centro del processo con la stessa forza delle altre prove.

Eppure proprio quelle gocce, secondo alcuni analisti, potrebbero raccontare una verità diversa: non solo un’aggressione rapida e concentrata sulle scale, ma un successivo momento di pausa, in cui l’assassino avrebbe preso tempo. L’ipotesi è inquietante: l’omicida, dopo aver colpito Chiara, si sarebbe seduto sul divano, con l’arma ancora in mano e il corpo sporco di sangue, forse per riprendere fiato o per decidere cosa fare.

Una ricostruzione che cambia lo scenario

Se questa interpretazione fosse corretta, significherebbe che l’aggressione non fu un atto istintivo e immediatamente seguito dalla fuga, ma piuttosto un’azione lucida e ragionata. Sedersi in soggiorno dopo aver commesso un omicidio, infatti, suggerisce una condizione mentale di controllo: l’assassino non era precipitato nel panico, ma agiva con freddezza.

Il dettaglio, apparentemente secondario, porta con sé un risvolto psicologico importante. Secondo alcuni criminologi si tratta di un comportamento tipico di chi, dopo l’azione violenta, si prende una pausa per “assorbire” quanto accaduto o per valutare i successivi movimenti. Un aspetto che stride con l’immagine di una lite improvvisa o di un delitto passionale scatenato in un raptus.

Le posizioni della difesa e dell’accusa

Nei processi, la traccia accanto al divano non ha mai avuto un ruolo centrale. La difesa di Stasi sostenne che fosse impossibile che il giovane fosse l’assassino senza lasciare impronte e sangue nelle zone dove dichiarava di essere passato, insistendo sul fatto che il DNA trovato sugli oggetti non apparteneva a lui. L’accusa, al contrario, parlò di una manipolazione della scena e di una capacità straordinaria di gestire l’ambiente dopo l’aggressione. Ma nessuna delle due parti si concentrò realmente sull’ipotesi che l’assassino si fosse fermato a riflettere nel salotto.

Questa circostanza, quindi, rimane relegata alle teorie “laterali” e alle analisi di esperti indipendenti, che negli anni hanno messo in evidenza contraddizioni e anomalie mai risolte nei fascicoli giudiziari.

Cosa raccontano le gocce

Le poche gocce vicino al divano aprono a due scenari distinti. Da un lato, potrebbe trattarsi semplicemente di proiezioni biologiche dovute al movimento della vittima o dell’aggressore dopo i colpi. Dall’altro, se fossero state prodotte da uno stillicidio statico, indicherebbero proprio una sosta dell’omicida, lì seduto, mentre il sangue colava dall’arma o dalle mani.

La differenza appare sottile ma è enorme. Nel primo caso, nulla cambia rispetto alla ricostruzione ufficiale. Nel secondo, invece, si aprirebbe una prospettiva che mette in discussione l’intera dinamica processuale: un assassino che non fugge subito, che non si dispera per l’accaduto, ma che resta freddamente a meditare sulle scale del salotto.

Le ombre mai dissipate

Il delitto di Garlasco rimane uno dei casi giudiziari più complessi della storia recente del nostro Paese. Se da un lato la giustizia ha indicato in Alberto Stasi il colpevole, dall’altro una parte dell’opinione pubblica e della comunità di esperti continua a non accontentarsi della verità processuale. I dettagli trascurati, come le gocce accanto al divano, alimentano dubbi e nuove ipotesi.

La possibilità che l’assassino si sia seduto dopo l’omicidio, in una sospensione agghiacciante tra il delitto e la fuga, restituisce l’immagine di una mente lucida e spietata. Un dettaglio che, se fosse confermato, cambierebbe la percezione stessa di quel 13 agosto 2007: non un raptus improvviso, ma un piano consapevole e calcolato.

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