"È dura, durissima. Nessuno, potendo scegliere, avrebbe scelto la disabilità. Ma devo rimboccarmi le maniche e andare avanti, affinché Emily possa essere serena e abbia la migliore vita possibile".
Francesca Brunetti ha desiderato e sognato a lungo sua figlia: la tanto attesa gravidanza è arrivata dopo un percorso di Procreazione Medicalmente Assistita (PMA).
Tutto sembrava procedere per il meglio finché, alla trentaquattresima settimana di gestazione, la bimba è stata fatta nascere d'urgenza.
Emily ha trascorso tre mesi in terapia intensiva, intubata e con l'ossigeno, di cui ha avuto bisogno per mesi.
"Non respirava da sola e i medici non riuscivano a risalire al motivo. Solo dopo diverso tempo il problema si è risolto. Io e mio marito Etienne pensavamo fosse finita. Invece poi abbiamo ricevuto la diagnosi di una malattia genetica rara. E lì ci siamo trovati di fronte all'ignoto" racconta mamma Francesca.
Emily Rose oggi ha sette anni. Vive con i suoi genitori a Chiavari, in provincia di Genova. Non parla e ha un ritardo cognitivo-comportamentale importante.
Ha inoltre una gamba che cresce meno rispetto all'altra e quindi è costretta a indossare un tutore.
Il suo difetto cromosomico non corrisponde a nessuna malattia genetica rara conosciuta. "L'unica certezza che abbiamo è che non è degenerativa e che potrà solo migliorare" racconta la mamma.
"Non sarà mai una persona autonoma, perché non si guarisce da una sindrome genetica. Però lei fa già tantissime cose su cui nessuno avrebbe scommesso. È un percorso da inventarsi giorno dopo giorno, dato che non c'è una letteratura sull'argomento".
Oggi la bambina riesce a mangiare, anche se non mastica. Cammina ed è in grado di stare seduta. Tutte tappe per niente scontate, considerando che i medici non si sono mai sbilanciati su come sarebbe stata la sua vita.
"Mi dicevano che non si sarebbe mai liberata dall'ossigeno. E invece ha raggiunto traguardi inimmaginabili".
Grazie a una visita presso l'ospedale Stella Maris di Pisa, specializzato in neuropsichiatria infantile, i genitori di Emily sono riusciti ad avere indicazioni sulle terapie da seguire.
"Purtroppo abbiamo perso un sacco di tempo all'inizio, perché non si riusciva a capire quale strada intraprendere" sottolinea Francesca.
"Ho imparato a capire di cosa avesse bisogno mia figlia e a pretenderlo. Adesso Emily è la prima bambina con disabilità nel mio comune ad avere un progetto di vita. Ci sono voluti mesi e mesi di battaglie legali".
Francesca non dimentica le difficoltà incontrate lungo il cammino.
"Adesso ha tutto quello che le serve per progredire, però ogni giorno è letteralmente una lotta, anche a scuola. Con tanta fatica, sono riuscita a creare un bel gruppo che collabora, che si scambia informazioni: non è stato semplice, ma siamo sulla strada giusta. I primi anni sono stati un disastro perché brancolavamo nel buio: l'esperienza sui social mi ha cambiato la vita".
Francesca condivide sui social alcuni momenti della sua vita: le conquiste di Emily e le riflessioni sulla disabilità e sull'impegnativo lavoro di caregiver, i piccoli momenti quotidiani tra mamma e figlia. A volte compare anche Etienne, che tutti conoscono come "papà Orso".
Su Instagram, "Il mondo di Emily" oggi conta oltre 7mila follower.
"Tutto è nato da un mio bisogno di conoscere altre persone che vivessero situazioni simili alla mia, perché mi sentivo terribilmente sola. Rispetto a tanti altri, avevo esigenze diverse, una vita diversa e molte persone si sono allontanate. Nel mio territorio non c'è un supporto adeguato, quindi sentivo la necessità di confrontarmi con altre mamme. Con il tempo ho creato una community di genitori in cui ci supportiamo a vicenda: questo mi dà una forza incredibile".
Francesca Brunetti racconta come, grazie ai social network, ha potuto conoscere non solo altre mamme e papà di ragazzi e bambini con disabilità, ma anche professionisti che l'hanno aiutata moltissimo nel suo cammino di caregiver.
"Ricevo un sacco di messaggi da parte di genitori che mi ringraziano perché vedono la nostra positività. Io non mi lamento, non espongo la bambina per mostrare chissà quali sofferenze: invece voglio far vedere che si può avere una normalità e trovare una propria serenità" spiega.
"Sono una persona schietta: ammetto che ci sono i momenti 'no', non li nascondo. Ma se stessi tutto il giorno nel letto a piangere, cosa risolverei? Ce la metto tutto affinché Emily abbia una vita serena".
Il percorso di PMA "è stato psicologicamente devastante", racconta Francesca Brunetti. Dopo sono arrivati il parto prematuro, il ricovero in terapia intensiva, la scoperta della sindrome genetica rara.
"Quando abbiamo portato a casa Emily, lei aveva bisogno dell'ossigeno 24 ore su 24. Per più di un anno sono stata un'infermiera. Non potevo prenderla in braccio e coccolarla, non l'ho mai potuta allattare. Quando abbiamo tolto l'ossigeno, abbiamo scoperto la sindrome e la bimba ha dovuto affrontare anche alcuni interventi chirurgici. Alla fine avevamo sviluppato un'ansia post-traumatica. Ci chiedevamo: 'E ora che succede?'"
Eppure, da quando Emily Rose è arrivata nella sua vita, Francesca si sente "una persona migliore".
"Lei mi ha costretto a tirare fuori il meglio di me e tutte le mie risorse. Prima ero molto insicura, adesso sono una specie di carro armato. Del resto la guardo e capisco il senso della vita: combatte ogni giorno, cerca di raggiungere tutti gli obiettivi possibili. È coraggiosissima, piena di grinta ed entusiasmo. È lei che mi ha insegnato come si vive. Io ho una stima, un'ammirazione per lei incredibile" racconta.
"È la mia ispirazione. Sono sincera, non è la vita che avrei voluto, non posso dire, come fanno altri, che sia 'tutto un meraviglioso dono'. La bambina lo è, la malattia no", evidenzia mamma Francesca.
"Quando vedo altre bambine della sua età che vivono in maniera diversa, facendo ciò che lei non può fare, non sono di certo contenta. Però è un pensiero che poi scivola via. A Emily interessa? No. Lei è felice? Sì. Allora è un problema mio. A volte mi chiedono come faccia a essere sempre sorridente: in realtà non lo sono. Poi però guardo il suo, di sorriso, e ho la forza di andare avanti".