Anche quest’anno si è tenuta a Roma, a “La Nuvola” di Massimiliano e Doriana Fuxsas al quartiere EUR, per tre giorni, la mostra della Piccola Editoria, “Più libri, più liberi”, con la partecipazione di centinaia di stands. La novità di quest’edizione, novità che ha portato con sé uno strascico di polemiche e contestazioni, è stata la presenza di un editore di chiaro orientamento neofascista, “Passaggio al Bosco”, formula che riprende e traduce alla lettera il titolo di un’opera di Ernst Junger, “Der Waldgang” (1980), tradotto in italiano da Adelphi con il titolo “Trattato del Ribelle”. La questione posta all’ordine del giorno è stata valutare se sia legittimo ammettere ad una fiera libraria un editore con testi apologetici del Fascismo e del Nazismo, ma pure l’ opportunità di riconoscere dignità culturale in ambito editoriale e non solo, ad autori e fenomeni di chiara matrice fascista e razzista. Parliamo di questa questione con il prof. Enrico Ferri, che insegna “Filosofia del Diritto” e “Storia dei Paesi Islamici” all’Unicusano.

D) Prof. Ferri, lei ha prestato sempre molta attenzione alla cultura della destra estrema e per certi versi sdoganò, nel senso che prese in considerazione e analizzò, il fenomeno della “Nuova Destra” negli anni Ottanta. Lei pubblicò a sua firma su “Lotta Continua” due paginoni presentati come un “Breve viaggio nella ‘nuova destra’”, il primo dal titolo “L’Hobbit all’assalto della Società civile” e il secondo “Vengono da lontano, non molto…”.
R) A distanza di diversi anni, seppi da Gianfranco De Turris che quei due paginoni avevano creato un certo clamore negli ambienti dell’ultradestra perché un quotidiano come “Lotta Continua” si era occupato in modo analitico e circostanziato di loro, anche se ovviamente in modo critico. In altri termini, il più importante e diffuso media dell’ultrasinistra riconosceva che esisteva una cultura di destra con la quale bisognava fare i conti.
D) Quando parliamo di “Cultura di estrema destra” dobbiamo solo pensare alle posizioni politiche del neofascismo? Oppure esiste una dimensione molto più ampia ed articolata, più propriamente culturale e degna di essere conosciuta e studiata?
R) In Italia, da un secolo a questa parte, quando si parla dell’estrema destra politica si parla del Fascismo e del Neo-Fascismo. Si tratta di un’ideologia e un movimento politico con pretese totalizzanti, che cercano di stabilire una serie di regole che riguardano tutti gli ambiti della vita umana.
D) Potrebbe definire, almeno elencare, una serie di principi ideologici e posizioni politiche nei quali qualsiasi giovane o meno giovane militante di estrema destra si riconosceva e ancora oggi si riconosce.
R) Ai principi della Rivoluzione, “libertà, uguaglianza e solidarietà” il militante di destra oppone i presunti valori della Tradizione, cioè “Autorità”, “Gerarchia” e un’integrazione sociale esclusivamente su base nazionale e in un contesto sociale non egualitario. Tradizione spesso è sinonimo di conservazione. Il Movimento Sociale Italiano, il “nonno” dei Fratelli d’Italia, si mobilitò nei referendum per abolire il divorzio e l’aborto.
Allo stesso tempo un militante o un partito di estrema destra è un sostenitore della famiglia tradizionale, è contrario alle libere unioni fra persone dello stesso sesso, al riconoscimento dei diritti della comunità LGBT+, al pluralismo religioso, alla presenza di stranieri nel territorio nazionale. Se il principio ideologico del militante di estrema destra è la “Tradizione”, quello più propriamente politico è il Nazionalismo, cioè il primato della Nazione- la propria, ovviamente- intesa come una comunità coesa per cultura, storia, religione e costumi.
D) Pensa che un militante di estrema destra si riconoscerebbe in questo identikit?
R) Probabilmente solo in parte. Sosterrebbe, ad esempio, che una politica di destra come quella del Fascismo promuoveva una integrazione sociale su base solidaristica, cosa solo parzialmente vera. Diversi milioni di contadini, ad esempio, nel Ventennio vivevano in condizioni di povertà appena dignitosa e nel dopoguerra, quando vennero meno i divieti di espatriare, a milioni cercarono fuori dall’Italia migliori condizioni di vita. Un militante di estrema destra probabilmente direbbe che quella che io definisco come posizione conservatrice è un atteggiamento che si richiama alla Natura e alla Tradizione, che sono meta-storiche, mentre la conservazione è contingente, legata ad un tempo storico.
D) La Destra sostiene, ad esempio, che la famiglia naturale e presente nella tradizione occidentale è quella composta da un uomo e da una donna.
R) Si potrebbe discutere a lungo su cosa sia “naturale” nel contesto delle relazioni umane, sessualità compresa. Su questo aspetto rimango hegeliano e penso che la natura nell’uomo sia essenzialmente un prodotto culturale.
D) Questo vale anche per il concetto di Tradizione? Non esiste una tradizione da tutti riconoscibile come vera?
R) La Tradizione è una categoria di riferimento in contesti diversi, ad esempio in religioni di vario orientamento come quelle abramitiche: ebraismo, cristianesimo e Islam. In questo contesto è relativamente semplice definirla. Sono religioni rivelate: la rivelazione viene da Dio ed è trasmessa attraverso inviati, profeti o lo stesso Figlio di Dio; è raccolta in testi considerati per questo sacri, in quanto contengono la parola di Dio. In breve, ciò che deve essere conservato e trasmesso- questo significa “Tradizione”- viene direttamente da Dio, attraverso una “trasmissione” legittima e riconosciuta. Resta aperta una non lieve questione, quella dell’interpretazione della parola di Dio, che è sempre suscettibile di varie letture, che possono cambiare a seconda dei contesti e degli interpreti.
D) In ambito politico definire cosa sia la Tradizione è possibile?
R) Fino ad un certo punto, autori di riferimento per generazioni di giovani di estrema destra come Julius Evola e René Guénon, divergono su aspetti importanti nel definire cosa sia la Tradizione, chi la rappresenti e in quali contesti geografici/culturali sia ancora viva. Il custode della tradizione per Guenon è il sacerdote, per Evola il guerriero, il primo sosteneva che in Oriente era ancora viva, il secondo dissentiva sul punto. Senza considerare che Julius Evola, il filosofo che più di ogni altro ha influenzato l’estrema destra a partire dagli anni Cinquanta, su molte questioni ha una visione assai particolare della tradizione, ad esempio in ambito di sessualità o relazioni sentimentali o di uso di sostanze psicotrope, basti leggere “Cavalcare la tigre” o “La via del Cinabro”. Tali posizioni originali caratterizzano anche la sfera più propriamente politica, ad esempio ne “Il Fascismo visto da Destra” critica quelli che riteneva risvolti populistici e plebei del Fascismo, come il programma di incremento demografico. Senza considerare le posizioni dichiaratamente anticristiane, come quelle riportate in “Imperialismo pagano”.
D) Anche alla luce dell’excursus sin qui fatto, lei ritiene degno di studio il fenomeno e gli autori dell’estrema destra? E, di conseguenza, ritiene legittima la circolazione dei testi di riferimento di questa galassia ideologica e politica?
R) Come le dicevo all’inizio della nostra conversazione, quando decisi di scrivere un reportage sulla “Nuova destra”, mi spinse la curiosità di vedere da vicino quale era l’emisfero culturale di riferimento di questi ambienti con i quali non avevo mai avuto contatti, ma piuttosto scontri anche fisici in ambito universitario. Per reperire materiali utili andai in più occasioni nella Libreria Europa, in Via Cavallini. Cominciai a leggere una serie disparata di autori, come Yukio Mishima, ad esempio le “Confessioni di una maschera”, edito da Feltrinelli o un suo commento all’Hagakure Kikigaki (“Memorie all’ombra delle foglie”) edito dalle Edizioni Sannô-Kai, con una prefazione di Giorgio Freda, poi “Il Padiglione d’oro”, ritenuto il suo capolavoro e “Colori proibiti”. Molto presente nella biblioteca dell’estrema destra anche Drieu La Rochelle, romanziere ed ideologo con il pallino dell’Europa ariana da edificare sulle ceneri del comunismo e all’ombra della Germania nazista. Lessi praticamente tutti i suoi scritti, alcuni anche in lingua originale. La produzione letteraria di Drieu La Rochelle si divide tra letteratura e ideologia, se pensiamo a testi come “Socialismo Fascista” e “Notes pour comprende le Siécle”. Un altro personaggio centrale in quegli ambienti è Ernst Jünger, autore di testi come “Der Arbeiter”, “L’Operaio” e “Tempeste d’acciaio”, dove centrale era il discorso sulla Tecnica e sul Conflitto come fattore di autoformazione, tesi concettualizzata in un breve saggio del 1922, “Der Kamps als innere Erlebnis”, che si può tradurre alla lettera in “La guerra come esperienza interiore”. E potrei continuare con una lunga serie di altri autori di riferimento, primi fra tutti Julius Evola sui cui libri, su testi come “Rivolta contro il mondo moderno”, “L’uomo e le rovine” o “Cavalcare la tigre”, si sono formati per decenni gran parte dei militanti delle formazioni politiche di destra, dal Movimento sociale a Ordine Nuovo e Avanguardia Nazionale, per citare le più note.
D) Il titolo dello scritto di Ernst Jünger , “Der Waldgang”, è stato adottato dalla casa editrice di estrema destra che ha generato molte polemiche alla fiera libraia “Più libri, più liberi”.
R) Der Waldgang alla lettera si traduce come “Il passaggio al bosco”. È un testo sulla libertà, critico delle società contemporanee: contro il borghese che monetarizza l’esistenza e il comunista che la proletarizza, con un egualitarismo verso il basso. Perciò “In questo mondo noi riconosciamo la libertà del singolo nel suo passaggio al bosco”, definito come “uno spazio di libertà e d’azione per piccole élites consapevoli delle necessità del tempo”. Il “Ribelle”, l’ “Anarca”, categoria di derivazione stirneriana, seppure nascostamente si muove come un lupo fra le pecore: “tra il grigio delle pecore si celano i lupi, vale a dire quegli esseri che non hanno dimenticato cos’è la libertà”. Il passaggio al bosco, come leggiamo nel “Riepilogo” finale “è un atto di libertà nella catastrofe”, la libertà dei lupi, appunto.
D) Personaggi come Drieu La Rochelle ed Evola non furono solo saggisti e letterati, ma pure razzisti e collaboratori dei nazisti. Senza considerare che riferimenti politici ed ideali dell’estrema destra sono stati ed in buona parte sono i leaders del collaborazionismo filo-nazista come Corneliu Codreanu e Léon Dégrelle, fortemente antisemiti.
R) Evola scrisse una serie di saggi razzisti, fra i quali nel 1941 “Sintesi di Dottrina della Razza” , testo che fu elogiato da Mussolini, secondo quanto riporta lo stesso Evola nella sua autobiografia e tradotto in tedesco con il titolo “Sintesi fascista di dottrina della razza” ( “Fashistische Synthese der Rassenlehre”), come se fosse la posizione ufficiale del Fascismo italiano sul razzismo. Evola collaborò con Preziosi che stilò un elenco di tutti gli ebrei italiani, che servì ai tedeschi qualche anno dopo. Non rinnegò mai le sue tesi razziste, che ripropose in modo appena edulcorato anche in una serie di articoli scritti nel dopoguerra con lo pseudonimo Arthos, sul periodico “Ordine Nuovo”, organo dell’omonimo gruppo politico.
D) Per concludere, le ripropongo la domanda di partenza in altro modo: Lei avrebbe contestato la presenza di un editore come “Passaggio al bosco” in una fiera libraria?
R) Lei prima faceva notare la presenza nella pubblicistica dell’estrema destra di personaggi filo-nazisti e collaboratori dei nazisti come Léon Degrelle, parte di quel “movimento” noto come Waffen SS. Fu un esercito di volontari di varie nazionalità, soprattutto dell’Europa dell’Est , che combatterono nel fronte orientale contro l’URSS, in una sorta di crociata anticomunista, con il progetto di edificare una nuova Europa, una federazione di stati fascisti con nazioni come l’Ucraina, la Georgia o l’Armenia fino ad allora inglobate nell’URSS. La conoscenza di questo fenomeno aiuta a comprendere non solo un “episodio” della seconda guerra mondiale, che coinvolse una decina di nazioni e almeno un milione di uomini, ma la questione del rapporto fra una serie di Nazioni e l’ex URSS, tornata d’attualità dopo lo sfaldamento dell’Urss nel 1991.
D) Espungere dalla storia fenomeni come la cultura fascista e come quello da lei ricordato delle Waffen SS ci darebbe una visione parziale del Novecento?
R) Ci impedirebbe di comprenderlo. Davanti alla storia e alla realtà contemporanea ho l’attitudine dello studioso, non del moralista. Tutto ciò che mi incuriosisce, mi stimola, mi sembra interessante o utile per capire meglio la vicenda umana lo ritengo degno di attenzione. Inoltre, sono un libertario, quindi contrario ad ogni tipo di censura, all’indice o al rogo dei libri, prassi usate da regimi autoritari come il Fascismo, il Comunismo e per secoli dalla Chiesa cattolica. Le cattive idee vanno contrastate non con censure e divieti, ma con buoni argomenti.
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