La Juventus è ancora un gigante del calcio italiano, ma sempre più spesso lo è solo di nome. Nella stagione 2025/26, la squadra guidata da Igor Tudor appare lontana anni luce dallo splendore tecnico che un tempo la distingueva.
La realtà è cruda: la rosa bianconera non è all’altezza del blasone, e il campo lo dimostra settimana dopo settimana anche dopo uno Juventus - Milan della sesta giornata della Serie A 2025/2026 terminato 0-0.
La Juventus del presente sembra un progetto incompiuto. Tanti giovani, qualche nome di esperienza, ma pochi veri fuoriclasse.
In Serie A, dove il livello tecnico medio purtoppo è ancora basso, Inter e Napoli, perfino i Milan restituiscono dimensioni più solide e dinamiche a differenza delle altre contendenti.
La Juve, tra queste ultime, arranca perché non possiede individualità capaci di cambiare le partite: siamo solo all'inizio ma è già tutto evidente!
I tifosi lo percepiscono: manca il giocatore che faccia la differenza con una giocata, un passaggio illuminante, un dribbling risolutivo. La squadra è organizzata e fisica, ma sterile nelle idee.
È qui che il deficit tecnico è più evidente. A parte Thuram e Locatelli che si distinguono più degli altri, il resto dei giocatori che compongono la mediana bianconera non basta a garantire qualità, quantità e corsa nella zona nevralgica del campo.
McKennie, Koopmeiners e Miretti sono buoni giocatori ma nessuno dei tre ha quella visione da regista puro capace di dare ritmo e imprevedibilità.
E poi c'è lui, il giocatore che non è mai arrivato, quello che avrebbe dovuto portare sostanza a qualità, il campione che non è arrivato nella sessione estiva di emrcato e che forse non arriverà nemmeno nel mercato di riparazione invernale.
Il risultato? È un centrocampo monotono, prevedibile, privo di leadership tecnica, che spesso non accompagna le transizioni o si schiaccia troppo sulla difesa, lasciando gli attaccanti isolati.
Se Dusan Vlahović, sempre più separato in casa rimane il riferimento offensivo è perché Jonathan David, l'uomo dei 30 gol in Ligue 1 (capirai che campionato!?!) sta rusultando senza mezzi termini il flop dei flop e Openda e Zegrova arrivati a supporto negli ultimi istanti di mercato regalano impressioni tutt'altro che positive.
L'unico faro che dà luce è il figliol d'arte Francisco Conceiçao, esterno capace di saltare l’uomo con continuità. Per il resto con il Cambiaso, il Kalulu e il Joao Mario di turno che accompagnano dalle retrovie, la Juve si riduce spesso a cercare cross prevedibili attraverso un un piano di gioco ben distante dal DNA tecnico dei grandi anni bianconeri.
Anche dietro, la sensazione è che la Juve viva più di organizzazione che di talento puro.
Bremer resta un leader difensivo, ma manca un partner di pari livello: Gatti è generoso ma disordinato, Rugani garantisce esperienza ma non velocità.
Sulle fasce, corsa ma pochi cross precisi; Kostic, un tempo risorsa, è oggi ai margini.
È una retroguardia solida ma non elegante, lontana dalla classe dei Chiellini o dei Barzagli: più fatica, meno intelligenza tattica, troppi errori tecnici sotto pressione.
La Juventus sembra vivere una crisi d’identità: da un lato, l’ambizione di tornare protagonista in Italia ed Europa; dall’altro, una rosa costruita con logiche più economiche che tecniche.
La cessione di alcuni giocatori di livello per motivi di bilancio ha lasciato spazio a profili “interessanti” ma non decisivi.
La dirigenza, guidata da Damien Comolli, ha puntato su una politica di sostenibilità e ringiovanimento, ma anche la qualità media si è abbassata.
Senza top player né veri “uomini Juve”, il progetto sembra sospeso: competitivo a tratti, ma lontano dalla mentalità vincente di un tempo.
Tudor, subentrato per portare carattere e compattezza, ha ridato un po’ di ordine tattico e aggressività.
Ma anche lui deve fare i conti con una rosa limitata tecnicamente.
Il suo calcio verticale e fisico evidenzia le lacune nei piedi dei centrocampisti e negli appoggi degli esterni: se la squadra non corre al 100%, perde qualità e idee.
In altre parole, Tudor non ha a disposizione giocatori “da dominio del pallone”, e questo lo costringe a un calcio più diretto, meno spettacolare — lontano dalla Juventus elegante e dominante che la tifoseria sogna. Qualcosina del suo ce lo mette anche per non far rendere al massimo i giocatori con delle incomprensbili sostituzioni nei moemnti cruciali delle partite!
La Juventus 2025/26 è una squadra che fa il suo dovere ma non incanta, che gioca per restare a galla più che per imporsi.
Il problema non è solo l’allenatore o la tattica: è una questione di qualità tecnica e identità.
Se la società vorrà riportare la Juve al livello del suo nome, dovrà investire in giocatori di talento, carisma e mentalità vincente.
Perché nel calcio moderno, la corsa e la disciplina non bastano: servono i piedi buoni, e oggi, a Torino, ce ne sono troppo pochi.