Il nome sta bene nei titoli e nei giochi di parole. Il cognome sta bene in campo, dove brillano anche i fratelli Sebastiano (Cagliari) e Salvatore (Spezia).
Il nome e cognome, assieme, crea invece incredulità e gelosia in dosi uguali, tanto che sorge spontanea la domanda: ma che problema avete con Pio Esposito? In un mondo perfetto (che nel calcio del tifo social è utopia), la risposta sarebbe scontata: "Nessun problema, basta godersi con ammirazione e prudenza il suo assennato talento".
Invece il web si affolla di vari sentimenti, quello predominante sembra l'invidia con spruzzata di sarcasmo. Così succede di leggere e ascoltare che Esposito è appena un pulcino, forse involontaria reminiscenza di quel tormentone musicale che un paio di decenni fa spopolò per un'estate non esattamente all'insegna della cultura: il pulcino Pio.
Ben più che pulcino, il giovanotto è un ventenne che fino ai 19 anni (festeggiati con lo stesso numero di gol) ha giocato in serie B allo Spezia. In questo semplice particolare statistico c'è - anche - la differenza tra Esposito e tanti suoi coetanei, quelli che "per farli crescere devono giocare subito ad alto livello". Proprio questa invocazione è stata applicata alla lettera dall'Inter, ma con un particolare fondamentale: prima della serie A, meglio la B per "farsi le ossa", come si diceva una volta.
Il giovane Pio si è fatto le ossa e le ha foderate di muscoli. Oggi è un ragazzone bello, alto e grosso, con le curve di bicipiti e quadricipiti ben evidenziate per sorreggere piedi non banali per forza e talento.
È già attaccante di livello Inter, nonché giocatore costruito con quella che - attenzione: altra definizione passata di moda - una volta si chiamava "gavetta", anziché con stats e proiezioni da computer o giochi, tipo Football Manager più altre illusioni on line. Un progetto realizzato alla perfezione, dunque.
Eppure all'indomani del primo gol in azzurro, peraltro bellissimo, il web ha viralizzato una polemica tanto pretestuosa quanto infuocata: troppi complimenti, entusiasmo esagerato. In fondo, tra Esposito e Camarda che differenza c'è? E via con le statistiche dei numeri, che a volte danno davvero forza a chi "dà i numeri".
Un gol a testa in serie A. Pari anche nelle serate azzurre: il leccese ha timbrato con l'Under 21, l'interista con la nazionale maggiore. La teoria negazionista del supervalore di Pio ha trovato poi la didascalica aggiunta che tanto va di moda: riparliamone fra tre anni, perché non si può negare che Esposito sia un 2005 mentre Camarda un 2008 che ha dunque tempo per pareggiare i conti. Ne riparleremo anche fra tre anni, certo.
Ma intanto l'impressione è che il calcio venga discusso abusando di numeri e decimali, elencati ad arte per confortare qualsiasi opinione. Per intendersi: tipo gli exit-poll delle notti di maratone politiche post elezioni.
Sarebbe meglio provare un passo indietro, tornando all'antico giudizio "a vista". Ecco. Proviamoci con Pio Esposito, eliminando tutti gli allegati di bandiere e banderuole. Abbiamo sotto gli occhi il futuro centravanti dell'Inter e dell'Italia. Titolare. Potente. Prepotente nel fisico ma umile negli atteggiamenti. Altro che Luca Toni o altri paragoni internazionali. Qui si intravede un top rappresentante del puro "made in Italy": è il nuovo Bobo Vieri, per caratteristiche e carriera. E chi non lo vede, lui sì che ha qualche problema.