Sandro Piccinini, uno dei principi delle telecronache del calcio, racconta alla Gazzetta dello Sport come ha cominciato la carriera.
“Mia mamma lavorava all’Enpam (ente nazionale di previdenza e assistenza medici, ndr) e vari suoi colleghi si dilettavano nel mondo delle nascenti radio e tv private romane. Mamma chiese: 'Perché non prendete mio figlio come apprendista?'. Mi diedero una chance a TVR Voxson, che era la televisione della Voxson fabbrica di televisori. Primo incarico al tg. Primi servizi in cronaca, i resoconti su uno sciopero studentesco e su un incendio. Poi prevalse la passione per il calcio, entrai nel pool sportivo. Cominciai a fare l’inviato per 'Minore ma non troppo, una specie di Tutto il calcio minuto per minuto sul calcio dilettanti. Seguivo il Tor Sapienza, facevo gli interventi con un telefono a filo dotato di prolunga, in mezzo a tifosi scalmanati. All’Olimpico, come giornalista, debuttai per un Roma-Bologna del ’78, 2-0, gol di De Nadai e Pruzzo. Mi infilai nella cabina dello speaker, un mio amico. All’epoca nel calcio esisteva soltanto la Rai, le private dovevano arrangiarsi. Alla Rai ci odiavano, ci consideravano abusivi. Facevamo collegamenti da postazioni assurde, dai terrazzi dei palazzi attorno gli stadi. Attorno al Comunale di Firenze però non c’era nulla. Ci presentammo all’Ussi (Unione stampa sportiva della Toscana, ndr) e chiedemmo un telefono in tribuna stampa per la partita della domenica. Eravamo io ed Enzo Scala, uno dei colleghi d’ufficio di mia mamma. Il collega dell’Ussi ci guardò sornione: 'Fate una richiesta per iscritto, così vi denunciò ai carabinieri'. E noi: 'Perché?'. E lui: 'Perché è illegale quello che chiedete, non avete i diritti'. Scappammo ed entrammo allo stadio, aperto per lavori. Nel parterre, sentimmo squillare un telefono. Era l’apparecchio del bar. Raffaele mi disse: 'Prendi un sacchetto di gettoni e chiama in studio da quel telefono'. Da lì però la partita non si vedeva, così chiesi aiuto a Raffaele Pellegrino, che poi sarebbe diventato produttore del Tg5. Raffaele guardava la partita, segnava le azioni su dei bigliettini che ogni tanto mi portava. Io li leggevo e ci imbastivo su un racconto. Tornato a casa, mia madre disse: 'Sei stato bravo, però ai gol non c’erano mai i boati'. E certo, li raccontavo in differita”.
Piccinini ha cominciato con i telefoni a filo e oggi lavora ad Amazon Prime Video, tv online in pratica. Una lunga marcia, dall’analogico al digitale e alla Gazzetta dello Sport racconta: “Mi ricordo Genova, stadio di Marassi. Facevamo i collegamenti dal terrazzo del signor Fisco, dietro la gradinata Sud. Gli davamo 50 mila lire per usare il suo telefono e lui ne chiedeva altre 10mila ciascuno ai 10-15 spettatori attorno a noi. Si chiamava Fisco, ma era tutto in nero, ovviamente. Forniva il servizio taxi, ci veniva a prendere all’aeroporto. Genoa-Roma 1-1, la partita dello scudetto giallorosso del 1983, con Liedholm allenatore. Alla fine, per dare l’idea della festa, chiedemmo agli spettatori del signor Fisco di mettersi a urlare per trasmettere l’idea della festa, come se fossimo stati in campo. Io dissi: “Sentite attorno a noi la bolgia infernale dei romanisti”. Oggi la postazione che mi garantisce Prime è impressionante per quanto è tecnologica e futuristica. Mixer pazzeschi, poltroncine, mezzi inimmaginabili. Ad Amazon ho trovato professionalità fuori dal comune, mai conosciute prima, però sono felicissimo di venire da lì, dal terrazzo del signor Fisco, che venne rovinato dal rifacimento del Ferraris, per il Mondiale 90. Lo stadio venne coperto, dal suo terrazzo non si vedeva più il campo e addio guadagni”. E’ la storia di Piccinini, uno che ce l’ha fatta tra i tanti che ci hanno provato.