Lo show è travolgente, i palazzetti sono sold out e la musica è martellante. Il tour di Elodie è una celebrazione dell'energia, del ballo e della libertà, ma la star romana continua a trovarsi al centro di un dibattito acceso che divide il pubblico italiano. Al microscopio non c'è solo la sua performance impeccabile, ma soprattutto gli outfit e le coreografie, spesso giudicate "troppo esplicite" o "volgari" da una parte della critica e del pubblico sui social.
La cantante, nota per aver portato sul palco look custom made firmati dalle più grandi maison, utilizza il suo corpo e la sua immagine come manifesto. Body in pelle, mini-dress effetto vedo non vedo, tacchi vertiginosi e intimo in evidenza sono i leitmotiv di uno spettacolo che lei stessa definisce un'ode all'erotismo e alla sicurezza di sé.
Il clamore suscitato in Italia dagli outfit di Elodie offre uno spunto per una riflessione culturale, soprattutto se si guarda alla scena pop internazionale.
Madonna, la regina indiscussa della provocazione, ha costruito la sua intera carriera sulla rottura dei tabù. Dua Lipa, stella globale della dance-pop, sul palco sfoggia regolarmente body minimali, cut-out audaci e completi succinti, senza generare, in genere, lo stesso livello di scandalo oltranzista a livello globale. Persino l'immagine della "brava ragazza" Sabrina Carpenter si è evoluta verso una sensualità più accentuata.
A livello internazionale, l'esibizione del corpo, l'abbigliamento succinto o la "sessualità" esplicita fanno parte del vocabolario dello spettacolo pop da decenni e sono spesso visti come espressione di libertà artistica e empowerment femminile.
La reazione in Italia sembra essere più polarizzata e veemente. Ma cosa rende il nostro Paese più sensibile, o come dicono alcuni, più bacchettone su questi temi? Gli analisti culturali sottolineano diverse possibili ragioni:
● L'Influenza Culturale e Religiosa: Nonostante l'Italia sia una società laica, il peso della tradizione cattolica e dei valori conservatori legati alla famiglia e alla morale pubblica è ancora forte. Questo imprinting storico rende più difficile accettare la piena e sfrontata sessualizzazione dell'immagine pubblica femminile.
● Il "Doppio Standard" di Genere: Spesso, lo scandalo si concentra in modo sproporzionato sulle donne. Mentre un cantante uomo che esibisce il torso nudo riceve meno critiche, per le artiste donne l'esplicita rivendicazione della propria sessualità viene ancora confusa con la volgarità.
● La Percezione dell'Arte vs. Gossip: In Italia, il confine tra l'espressione artistica sul palco e la critica di costume è molto labile. L'attenzione si sposta facilmente dal valore musicale a un giudizio morale sull'abbigliamento, trasformando il dibattito in un pettegolezzo nazionale.
Elodie ha spesso risposto alle critiche, difendendo la sua libertà di espressione e il suo diritto a sentirsi "galattica, audace, magnetica, erotica". Si definisce una "donna libera che ha sempre vissuto, mi piace il mio corpo e mi piace mostrarlo". In questo senso, Elodie non solo respinge la critica, ma la rovescia, suggerendo che lo scandalo sia un problema di chi guarda.
Questa linea di pensiero viene ribadita anche nella sua musica. Nel brano "Elle", Elodie risponde in modo diretto alle pressioni morali, trasformando la critica in testo d'autore:
"Mi vorrebbero vestire, mi vorrebbero coprire ma sono qui per provocare, per dare un po' di magia." (Dal testo di "Elle")
Questa affermazione eleva la questione al di sopra del semplice pettegolezzo sul dress code e la inserisce nel dibattito sui diritti civili e l'autonomia femminile. Le polemiche, secondo Elodie, fanno parte di un controllo sul corpo che ancora affligge le donne.
La sua posizione è chiara: l'immagine provocatoria non è una mancanza di rispetto, ma una scelta consapevole di una donna che ha abbracciato la propria forza e femminilità. Che piaccia o no, Elodie, con i suoi look audaci, ha aperto un confronto necessario sull'evoluzione della morale e della libertà di espressione in Italia, portando la discussione dal palco al salotto di casa.
A cura di Chiara Ena
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