Nell’ultimo periodo, l’intelligenza artificiale è passata dai laboratori di ricerca alle aule universitarie. Alcune università italiane stanno sperimentando nuove forme di didattica supporta dall’AI, tra chatbot tutor, strumenti di scrittura assistita e analisi automatica dei dati. Ma questa rivoluzione solleva un dubbio: migliora davvero la formazione o rischia di impoverirla?
L’Ai sta trasformando il modo di studiare. Grazie ai tutor virtuali e ai sistemi di apprendimento personalizzato, gli studenti possono ricevere supporto 24 ore su 24 e materiale su misura. Soprattutto per chi frequenta università telematiche, la tecnologia sembra essere un alleato dell’autonomia e dell’efficacia dell’apprendimento.
Anche i docenti beneficiano dei nuovi strumenti. L’analisi automatica dei dati consente di monitorare meglio il rendimento e individuare le difficoltà di ciascuno studente in maniera più immediata.
Ma non è tutto positivo. Il confine tra aiuto e scorciatoia è sottile: l’uso massiccio di strumenti di ricerca rischia di appiattire il linguaggio e il pensiero. Molti esperti avvertono che l’intelligenza artificiale, se non usata con senso critico, può indebolire la creatività e il ragionamento autonomo. Per questo gli atenei si interrogano su nuove regole etiche e strumenti di verifica che garantiscano un corretto uso dell’AI.
L’introduzione dell’intelligenza artificiale non cambia solo come si studia, ma anche cosa si studia. Gli atenei italiani, stanno aggiornando i piani formativi per preparare gli studenti ai nuovi mestieri dell’era digitale. Secondo il World Economic Forum, entro il 2030 nasceranno milioni di posti di lavoro legati all’intelligenza artificiale e all’automazione intelligente.
Investire oggi nella formazione universitaria significa quindi dare forma alle professioni del futuro, rendendo gli studenti protagonisti del cambiamento. L’AI può essere risorsa o minaccia. Tutto dipende da come viene integrata nella formazione: se serve a potenziare l’apprendimento, è un alleato; se lo sostituisce, è un evidente rischio. L'università del futuro dovrà saper usare la tecnologia senza rinunciare al valore umano della conoscenza.
A cura di Samuel Kris Chinapah
Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.
I campi obbligatori sono contrassegnati con *