25 Nov, 2025 - 11:28

Caso Resinovich, parla Marina Baldi: "Non credo al suicidio. Ecco cosa può emergere dai nuovi esami"

Caso Resinovich, parla Marina Baldi: "Non credo al suicidio. Ecco cosa può emergere dai nuovi esami"

Sono iniziati da qualche settimana i nuovi accertamenti disposti dal gip di Trieste nell'ambito dell'incidente probatorio che dovrà fare luce sulla morte di Liliana Resinovich, la 63enne scomparsa il 14 dicembre 2021 e trovata senza vita - con il corpo avvolto in due grandi sacchi neri e la testa in due sacchetti più piccoli - nel boschetto dell'ex ospedale psichiatrico "San Giovanni".

Era il 5 gennaio 2022. Gli inquirenti avanzarono subito l'ipotesi di un gesto volontario, chiedendo l'archiviazione, contro cui la famiglia si oppose. Oggi l'indagine è per omicidio, con un unico indagato: il marito della vittima, Sebastiano Visintin, che continua a dichiararsi innocente. Abbiamo fatto il punto con la genetista Marina Baldi, consulente della nipote di Lilly, Veronica.

Liliana Resinovich e le due perizie, parla Marina Baldi

La vicenda medico-legale del caso Resinovich è segnata da due perizie radicalmente opposte: la prima, che parlava di suicidio, e la seconda - firmata dall'anatomopatologa Cristina Cattaneo - che ha invece rilevato elementi compatibili con un intervento di terzi.

Baldi non ha dubbi. "La prima perizia non mi ha convinta. C'erano troppi segni deponenti per un omicidio", spiega. Sottolineando di essere d'accordo con le conclusioni della Cattaneo, pur mantenendo delle riserve su uno dei punti più dibattuti: la conservazione del corpo.

Quando fu trovato, ventidue giorni dopo la scomparsa, il cadavere non presentava segni di deterioramento. Eppure, secondo la perizia, sarebbe rimasto lì, all'aperto, per tutto il tempo. "Mi sembra strano, anche se per lavoro mi occupo di altro", osserva Baldi.

"Non c'erano morsi di animali, nulla". Come lei, sono in molti a non essere convinti di questo aspetto. Su cui è infatti in corso, negli Stati Uniti, un esperimento comparativo, per verificare se determinate condizioni microambientali possano aver rallentato la decomposizione. 

Reperti e nuovi accertamenti: cosa potrebbe emergere

Sono iniziati intanto i nuovi accertamenti su una serie di oggetti rinvenuti sul luogo del ritrovamento: abiti, sacchi, scarpe e altro. "Si sta analizzando tutto", conferma Baldi. Anche reperti che erano già stati presi in considerazione.

Un esempio fra tutti è il cordino che stringeva i sacchetti sulla testa di Lilly, da cui precedenti analisi avevano estratto una debole traccia di cromosoma Y, non attribuibile. "Purtroppo è stato contaminato", spiega Baldi.

"Si era pensato subito al suicidio e il cordino è stato tagliato per aprire i sacchetti e identificare il corpo. Questo ha portato a una miscela con i liquami cadaverici e reso impossibile ottenere risultati chiari". Cosa potrebbe emergere ora?

La genetista non si sbilancia. "Trovare il profilo del marito sarebbe poco significativo, perché vivevano insieme. Bisognerà capire se eventuali tracce potranno essere contestualizzate rispetto a un'azione omicidiaria". Di sicuro, non ce n'erano sui sacchi. 

"Erano puliti. È uno degli elementi che rende improbabile il suicidio", secondo Baldi. Per togliersi la vita, in effetti, Liliana avrebbe dovuto maneggiarli. Più probabile, come messo in luce dalla Cattaneo, che sia stata picchiata e poi uccisa, per strangolamento. 

Nuove testimonianze e sospetti: fu un delitto di prossimità?

Baldi si è espressa anche sulla testimonianza dell'ex ristoratore che negli scorsi giorni ha riferito a Visintin di aver consegnato a Liliana proprio due sacchi neri, qualche tempo prima della scomparsa. 

L'audio, registrato dall'uomo e diffuso dal quotidiano Il Piccolo di Trieste, sarà consegnato agli inquirenti. "Sorrido. Tutti compriamo sacchi per l'immondizia. È assurdo pensare che possa implicare altro. Bisogna essere seri".

Quanto alla possibile matrice del delitto, la genetista condivide la lettura avanzata dall'avvocato Nicodemo Gentile. "È un delitto di prossimità, legato a motivazioni forti. Questo non significa puntare il dito contro qualcuno - precisa - ognuno è innocente fino a sentenza definitiva".

"Semplicemente, alcune figure destano legittime perplessità". Si arriverà mai a una verità? "Bisogna provarci - sostiene Baldi - anche se è difficile. Pensiamo al caso dell'Olgiata, risolto dopo 30 anni. Le vittime hanno diritto ad avere giustizia".

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