“La fuga dalle urne, un tempo marginale, è divenuta strutturale - scrive Sabino Cassese sul Corriere della Sera -. Per trent’anni ha votato il 93% degli aventi diritto, poi per quindici anni l’87, più tardi il 73; alle politiche del 2022 il 64; alle recenti Regionali solo il 42-45%. Ciò significa che milioni di elettori restano a casa, rinunciando a quello che la Costituzione definisce dovere civico. Si apre così un fossato tra società e politica, preoccupante perché la democrazia è una società che si autogoverna attraverso il suffragio universale, conquista costata tempo ed energie. Il calo quarantennale è grave per la salute della democrazia. Destra e sinistra hanno poco da festeggiare: il rifiuto delle urne cresce ovunque”.
“Una prima spiegazione - secondo Cassese - è la diminuzione della partecipazione politica, visibile e invisibile, soprattutto tra i 18-24enni. Tra 2003 e 2024 si osserva un calo generalizzato dell’informarsi e discutere di politica. Si informa almeno una volta a settimana una minoranza di giovani, mentre una quota ampia non lo fa mai. La politica interessa sempre meno. Seconda spiegazione: la drastica riduzione degli iscritti ai partiti, dall’8% degli elettori a meno del 2%. Un tempo i partiti avevano migliaia di sedi; oggi sono piccole organizzazioni oligarchiche. L’apatia dell’elettorato contrasta però con la forte partecipazione sociale, come dimostra il volontariato. La spiegazione va cercata nella qualità dell’offerta politica: quando non incontra domanda, non si forma consenso”.
Nella Prima Repubblica i partiti, grandi e piccoli, erano dotati di autorevoli uffici studi, oggi si privilegiano gli uffici pubbliche relazioni e marketing.
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