C’è un fascino discreto, un sottile guizzo di colore, in Greenwich Village di Antonio Lapone, edito da IF Edizioni - e dovete immaginarlo come un racconto dalla delicatezza gentile, come una melodia sommessa tra righe e vignette, che sa di nostalgia e sguardo attento.
Il libro ci trasporta nella Primavera del 1960, a Greenwich Village, nel cuore pulsante di una New York ancora tutta da sognare. Due vicini di casa - Norman Oaks e Bebe Newman - diventano protagonisti di una convivenza improbabile eppure piena di vita. Li conosciamo appena: lui, tranquillo e riservato; lei, hostess di volo, vivace e imprevedibile.
Due anime opposte, due rapporti con il mondo agli antipodi, con i quali Lapone - insieme a Gihef (sceneggiatore) - costruisce un racconto di coincidenze, umorismo, sguardi freschi e incontri inattesi.
È un Greenwich Village che non cerca la retorica del ghetto bohémien, né la mitizzazione nostalgica del passato: è un quartiere vivo, fatto di scale in legno, rumori di passi, jazz che filtra da un club, di contrasti e di risate - insomma, un quartiere vissuto, abitato, respirato.
Lapone è un artista che viene da lontano: la sua carriera è radicata nella tradizione del fumetto d’autore franco-belga. In Greenwich Village questa eredità si legge in ogni inquadratura: le vignette sono eleganti, precise, misurate.
I colori - o il bianco e nero, a seconda della pagina - hanno il sapore di "anni Sessanta", con quel leggero filtro di nostalgia che ti fa sentire i tacchi, i capelli acconciati, le macchine per le strade.
Eppure, non c’è freddezza. C’è calore: nei gesti, nei silenzi, in quella pausa tra due battute che sa di attesa. Lapone usa la "linea chiara" per raccontare affetti, sigarette dopo cena, riflessi di lampioni sull’asfalto - e lo fa con la leggerezza di chi non drammatizza, ma osserva. Osserva e lascia che la semplice quotidianità diventi racconto.

Il contrasto tra Norman e Bebe non è solo un espediente narrativo: è il cuore emotivo del libro. Da una parte la calma, la riservatezza, la routine. Dall’altra la giovinezza errabonda, l’irrequietezza, il desiderio di volare - letteralmente e metaforicamente.
Così, fianco a fianco, nasce una comicità delicata, fatta di piccoli equivoci e grandi affinità. E nella New York degli anni '60, che già nei film e nelle fotografie era un sogno di strade illuminate e speranze sospese, la storia assume un ritmo quasi musicale: ironico, malinconico, tenero. La graphic novel abbraccia temi di differenze - caratteriali, di stile di vita, di desideri - e li rende convivere con grazia, senza scuotere, senza drammi.
In fondo, è una piccola commedia umana: due sconosciuti che si osservano, cercano un equilibrio, si attraggono e si respingono, scoprono che, a volte, basta essere diversi per stare bene insieme.
Perché Greenwich Village è un omaggio all’arte del quotidiano: quelle cose comuni che diventano speciali solo nel momento in cui qualcuno sceglie di raccontarle.
Perché lo stile grafico di Lapone è un piccolo capolavoro di misura ed eleganza - perfetto per chi ama un fumetto che fa respirare nostalgia, semplicità, poesia.
Perché è una storia d’amore… con la vita, con la libertà, con il caso - una storia capace di far sorridere e sospirare insieme.
Da leggere assolutamente se desiderate scoprire una felicità fatta di colpi di scena, ma soprattutto se volete comprendere a pieno un concetto essenziale, ovvero la bellezza - quella vera e necessaria - risiede nel cuore delle piccole cose.
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