Dieci anni fa, l’Accordo di Parigi trasformava la lotta al cambiamento climatico in un impegno globale condiviso. Oggi, nel 2025, il bilancio è contrastante: mentre Pechino guida la transizione verde, l’Europa fatica a ritagliarsi una leadership e le COP assomigliano sempre più a tavoli di negoziazione complessi dove gli idealisti spesso perdono terreno.
L’Accordo di Parigi, approvato nel 2015 durante la COP21, aveva l’obiettivo di mantenere l’aumento della temperatura globale ben al di sotto dei 2°C rispetto ai livelli preindustriali cercando di limitare l’incremento a 1,5°C.
Prevedeva anche l’incremento della resilienza climatica, lo sviluppo sostenibile a basse emissioni e flussi finanziari coerenti con la transizione verde.
Con 196 parti firmatarie, tra cui potenze come Stati Uniti e Cina, fu il primo accordo universale a superare protocolli più rigidi come Kyoto.
Il decennio si chiude con il ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca, che ha annunciato il ritiro degli Stati Uniti dall’Accordo, effettivo dal 2026. Il ritiro degli Usa dall'Accordo di Parigi non solo isola l'UE ma ribalta equilibri globali e alleanze favorendo un mondo multipolare meno eurocentrico.
Il decennio dall’Accordo di Parigi ha visto progressi tecnologici e finanziari significativi ma la politica globale mostra ancora limiti strutturali.
La COP30 a Belem ha centrato solo alcuni obiettivi concreti: l’adattamento climatico e la finanza per i paesi vulnerabili, con un incremento dei fondi a 1,3 trilioni di dollari annui entro il 2035. Tuttavia, senza misure aggressive di mitigazione, questi progressi restano limitati.
La COP30 ha deluso sulle questioni cruciali della deforestazione e dell’abbandono graduale dei combustibili fossili, confermando l’inerzia politica che continua a ostacolare gli sforzi per una mitigazione efficace.
La deforestazione amazzonica continua a ritmi preoccupanti e i piani nazionali rimangono ancora insufficienti per rispettare l’obiettivo 1,5°C.
Nel 2025, la Cina detta i tempi delle energie rinnovabili e dei mercati verdi consolidando la sua influenza globale. L’Europa, invece, ha lasciato Belem con risultati modesti e una crescente necessità di alleanze nel Sud globale.
I BRICS, insieme ad altri partner del Sud globale, stanno consolidando il loro ruolo di protagonisti nel contesto internazionale.
Il futuro climatico dipenderà dalla capacità delle potenze tradizionali e emergenti di cooperare bilanciando mitigazione, adattamento e strategia geopolitica.
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