Chi mai in effetti avrebbe potuto pensare che in tre di quegli edifici prestigiosi, vecchi di un secolo e mezzo, i prigionieri tedeschi venivano interrogati, spesso anche torturati con metodi degni dei Gualg sovietici e dove la Convenzione di Ginevra sul trattamento dei prigionieri di guerra era sistematicamente violata? Il nostro Fabio Camillacci ne ha parlato con l'ambasciatore Domenico Vecchioni: storico dell'intelligence e scrittore, autore del libro Eventi e personaggi straordinari della Seconda Guerra Mondiale, edito in questi giorni da Mazzanti Libri: Il tutto -ha spiegato Vecchioni- rimase avvolto nella nebbia delle incertezze e delle domande senza risposte fino addirittura al 2005, quando il giornale The Guardian, fece conoscere la sorprendente storia della London Cage, dopo un minuzioso studio della documentazione, finalmente declassificata, proveniente dagli Archivi nazionali britannici.
Il direttore della London Cage. L'ambasciatore Vecchioni su questo punto ha spiegato: A dirigere il centro segreto era stato chiamato, anzi richiamato, il tenente colonnello Alexander Scotland (foto a sinistra), che aveva già dimostrato tutta la sua abilità durante la Prima Guerra Mondiale nel far parlare i prigionieri dei paesi nemici. Decorato per il suo efficace contributo alla causa alleata con l’ordine dell’Impero Britannico, la sua carriera militare sembrava conclusa e in effetti negli anni venti lasciò il servizio attivo, facendo valere i suoi diritti alla pensione. Quando però scoppiò la Seconda Guerra Mondiale, si pensò subito a lui per riattivare quel particolare servizio, nato vent’anni prima e che si era rivelato così fruttuoso. Per far funzionare a dovere il centro di tortura di Londra, inserito all’interno di tre grandi edifici in successione situati ai numeri 6,7 e 8 di Kensington Square Gardens, Scotland poteva contare sulla collaborazione di un consistente staff: 12 ufficiali, numerosi sottufficiali, decine di interpreti e specialisti, senza contare ovviamente il personale di supporto e tutto l’apparato militare dedicato alla protezione del sito e a mantenerne la riservatezza.
Altri dettagli storici sulla Gabbia di Londra. Domenico Vecchioni ha aggiunto: Il London Cage poteva ospitare fino a 60 prigionieri contemporaneamente e disponeva di 5 grandi stanze per gli interrogatori. Ottenute le informazioni volute, i detenuti venivano successivamente smistati nei vari campi di prigionia. Il motto di Scotland, che caratterizzava in qualche modo la sua attività, era allo stesso tempo rassicurante (per gli inglesi) e inquietante (per i prigionieri): 'Se un tedesco ha una qualche informazione che ci può essere utile, potete essere sicuri che gliela estrarrò, anche se dovessi impiegare un procedimento lungo'. Ben 3573 prigionieri assaporarono le delizie e il trattamento della casa. Particolarmente presi di mira erano i tedeschi accusati di crimini di guerra. Per farli parlare, rivelare i loro segreti e confessare le loro incredibili efferatezze, non si andava troppo per il sottile. Venivano picchiati fino alle soglie della morte, erano privati del sonno per distruggerne la resistenza fisica o minacciati di un’imminente esecuzione sommaria per provocarne il crollo psicologico.
Ma non erano solo questi i servizi offerti dal Centro. E infatti lo storico aggiunge: Come ha raccontato il giornalista Ian Cobain sulle colonne del Guardian nel reportage di cui abbiamo fatto menzione all’inizio, nella Gabbia si praticava il metodo dell’alternanza di temperature estreme per indebolire al massimo la volontà di resistenza del malcapitato, l’utilizzo di scariche elettriche nelle parti più sensibili del corpo, umiliazioni fisiche e morali. Insomma un Centro di torture ben organizzato e attrezzato! Il soldato SS Fritz Knochlein, un criminale di guerra responsabile del massacro in Francia di 99 membri del secondo Royal Norfolk Regiment (il massacro di Le Paradis), dichiarò di essere stato completamente denudato, privato del sonno per giorni, lasciato senza cibo, costretto a correre fino allo sfinimento, colpito con una mazza, obbligato a stare in piedi sotto un getto d’acqua gelida dopo essere stato per ore vicino a una stufa a gas, costretto a camminare in uno cerchio stretto per quattro ore. Circostanze peraltro confermate da altri detenuti . L'intervista integrale all'ambasciatore Domenico Vecchioni sulla London Cage potete ascoltarla di seguito e alla sezione podcast su www.tag24.it.
https://www.tag24.it/wp-content/uploads/2020/04/VECCHIONI.mp3
Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.
I campi obbligatori sono contrassegnati con *