Accadde oggi, 12 settembre 1943: Mussolini e l'Operazione Quercia. Operazione Quercia fu il nome in codice di una missione militare andata in scena durante la Seconda guerra mondiale e portata a termine dai paracadutisti tedeschi. Obiettivo: liberare Benito Mussolini dalla prigione sul Gran Sasso per volere di Adolf Hitler, dopo che l'Italia guidata dal nuovo capo del governo Pietro Badoglio e da re Vittorio Emanuele III aveva firmato l'armistizio con gli Alleati. Una volta liberato, il Duce venne portato a Monaco da Hitler che lo incaricò di fondare la Repubblica Sociale Italiana.
L'Operazione Quercia scattò alle 3 antimeridiane del 12 settembre 1943, quando una colonna motorizzata agli ordini del comandante responsabile Harald Mors si mosse alla volta di Assergi. Per favorire l'atterraggio dei 10 alianti teutonici in uno spazio di montagna limitato, furono incastrati sulle ruote dei rotoli di filo spinato, proprio allo scopo di creare un forte attrito con il suolo.
I militari che erano a guardia dell'Hotel Campo Imperatore in cui era detenuto il Duce, non reagirono perché furono colti di sorpresa dall'azione fulminea e da ordini a dir poco contraddittori da parte dell'ispettore Giuseppe Gueli. Oltretutto, Otto Skorzeny, incaricato direttamente dal Fuhrer per il blitz, decise di portare con sé come ostaggio il generale del Corpo degli agenti di polizia Fernando Soleti, il quale, facendosi riconoscere dai carabinieri che presidiavano la fortezza sul Gran Sasso, intimò loro di non sparare.
I soldati italiani restarono totalmente disorientati dalla presenza del generale. Alla sua vista, inoltre, lo stesso Mussolini, che si era affacciato alla finestra, disse: "Non sparate, non vedete che è tutto in ordine? C'è un generale italiano!". Il Duce si trovava in quell'albergo prigione dopo che il 25 luglio precedente era stato sfiduciato dal Gran Consiglio del Fascismo e successivamente fatto arrestare dal re. In seguito i tedeschi sistemarono la radio sul tetto dell'albergo. Dalla radio venne dato il segnale che l'hotel era in mani tedesche, il "Duce d'Italia" era vivo e non c'erano vittime.
Se sul rifugio, come detto, non ci fu praticamente nessuna reazione da parte italiana, ad Assergi invece persero la vita due militari, gli unici che non si sottrassero al loro dovere in quella circostanza. Il primo fu la guardia campestre Pasqualino Vitocco, che aveva cercato di avvisare i carabinieri della presenza della colonna tedesca e venne ucciso con una raffica di mitragliatrice dopo che gli era stato intimato l'alt. La seconda vittima fu il carabiniere Giovanni Natale che, di guardia nella stazione intermedia della funivia, visti arrivare dei soldati tedeschi, aveva tentato una reazione ma era stato freddato sul colpo.
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