Pronostici Mondiali, Fabio Caressa vi svelo la mia favorita del Mondiale. Il giornalista e telecronista di Sky Sport è intervenuto durante la trasmissione Che musica maestro sulle frequenze di Radio Cusano Campus.
Fabio Caressa ha pubblicato il suo nuovo libro Grazie signore che ci hai dato il calcio, la dedica è al figlio Diego e al papà per un concetto di padre e figlio, è cambiata la passione la passione per il calcio trasmessa da padre a figlio?
La prima volta che io sono andato allo stadio con mio padre era il 1975/76 e le cose cambiano, però secondo me il fondo rimane lo stesso. Ci tengo a precisare che il titolo del mio libro non è sessista, può essere anche di padre in figlia e di madre in figlio… Della non partecipazione dell’Italia ai Mondiali è che tutti noi ci siamo avvicinati al calcio grazie a un Mondiale. Dopo le grandi vittorie della Nazionale sicuramente il calcio guadagni di spettatori. Mio figlio per esempio sa molto più di pallone di me alla sua età, questo perché lui, come i suoi coetanei, giocano ai videogiochi e quindi hanno una conoscenza mostruosa dei calciatori di tutto il mondo e delle loro caratteristiche. Rispetto ai miei tempi quindi il calcio molto è cambiato ma alla fine è rimasto quello. Il calcio va di mode, di convinzioni, però il calcio è sempre sé stesso.
Che ricordo hai delle prime telecronache?
La prima è stata una radiocronaca di Cesena – Lazio per la Radio di Cesena nel 1987. L’ultimo capitolo del libro io lo dedico non a come si fanno le telecronache che non mi sarei mai permesso perché il gusto della telecronaca è una cosa molto personale. Io ho voluto dire come penso io di fare le telecronache e cosa mi ha mossa a farle nel modo in cui le faccio io. Credo che alla fine per fare il telecronista ci vogliano delle caratteristiche un po' personali che sono memoria e colpo d’occhio e poi da aggiungere tanto lavoro, io impiego anche quaranta ore per preparare una partita e poi utilizzo l’1% in partita. Un altro consiglio è leggere tanto per avere un lessico più corretto.
Com’è cambiata la comunicazione?
Uno non può e non deve pensare di nascere imparato, bisogna studiare e capire che il mondo intorno a noi cambia velocemente per via della tecnologia che abituarsi al cambiamento che è fondamentale per essere sempre ai vertici nel lavoro e nella vita è sempre più complesso. Secondo me alcuni si affidano ad alcuni modi di comunicare antico e poi bisogna trovare il proprio. Sapere come sarà il modo di comunicare tra vent’anni è impossibile saperlo, perché non sappiamo gli strumenti.
Una finale Argentina – Portogallo con Messi e Cristiano Ronaldo potrebbe essere la finale di un’epoca?
Assolutamente sì, è una docuserie già scritto. È l’ultima occasione per Messi di raggiungere Maradona e per Ronaldo è un altro punto focale della sua carriera. Io credo che potrebbe essere così se loro riusciranno a mettere da parte se stessi e a capire che quell’obiettivo si raggiunge con la squadra. Gli obiettivi non si raggiungono mai da soli. Cristiano Ronaldo ha un avuto un momento iniziale in cui ha giocato per i compagni, poi, come ora, sta giocando più per lui, per i numeri. Messi questa cosa l’ha capita di più o la sta capendo ora al PSG. Detto questo la mia favorita è l’Inghilterra.
Secondo te per vincere non serve il bel gioco? Per esempio il calcio di Mourinho è un calcio poco bello ma vincente.
Secondo me c’è un concetto antico del bel gioco, il calcio non si può ingabbiare in regole e preconcetti. Il Guardiola di adesso al Manchester City è diverso da quello del Tiki Taka. Il calcio è superiore a questi concetti, se parliamo della Roma i giallorossi sono la squadra che crea più occasioni da gol in tutta la Serie A. Se la guardi una partita della Roma non ti sembra, però in realtà è così. Quindi è molto relativo e dipende anche dai giocatori che hai. Io non sono per i concetti assoluti, concetto l’assolutismo del calcio, alla fine puoi fare il più bel gioco del mondo ma le regole le fanno quelli che vincono, che sono sempre gli stessi. Io non credo che esista un modo di giocare a calcio e solo quello, queste sono autoesaltazioni personali, io credo che noi siamo osservatori, il calcio cambia, l’importante è alzare le coppe, tutto il resto sono chiacchiere.
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