Non si placa la lunga scia di manifestazioni di protesta dei "bolsonaristi", i militanti di estrema destra che contestano l'elezione di Luis Inacio Lula da Silva come nuovo presidente del Brasile.
Dopo un silenzio durato circa un mese, la prima uscita pubblica di Bolsonaro (avvenuta lo scorso 10 dicembre) ha ringalluzzito i suoi fan, che sono nuovamente scesi in piazza attaccando le istituzioni presidenziali. Ricordiamo che Lula non sarà ufficialmente nuovo presidente fino al 1 gennaio 2023, sebbene sia già stata officiata l'investitura e il suo governo sia pronto a entrare in carica.
Il Brasile registra un nuovo attacco militare al neo presidente Lula: l'ultimo episodio intimidatorio è avvenuto vicino all'aeroporto della capitale Brasilia, dove il guidatore di un camion cisterna ha scoperto un ordigno esplosivo piazzato sul furgone, collegato a un timer. Gli artificieri sono prontamente intervenuti "spegnendo" la bomba, mentre gli inquirenti hanno immediatamente avviato le indagini per capire chi fosse l'autore del gesto.
L'area, in cui pullulano telecamere di videosorveglianza, ha consentito di smascherare in tempo record l'esecutore materiale: si tratta di un 54enne della regione di Parà, conosciuto per essere un militante bolsonarista. Alla fine l'uomo ha confessato il piano, che prevedeva di piazzare altri quattro ordigni in punti strategici per scatenare il panico tra le strade della città. L'obiettivo era diffondere caos e confusione per far proclamare lo stato di emergenza in tutto il Paese e ritardare l'insediamento del comunismo di Lula.
Già da tempo l'allerta a Brasilia è molto alta, con il quartier generale delle Forze Armate che risulta essere l'avamposto dei manifestanti. Un grido di disperazione che spinga l'esercito a intervenire e annullare la cerimonia del passaggio di consegne. Lula intanto continua a lavorare alla composizione del nuovo governo, eppure dal suo staff trapela una certa preoccupazione per l'escalation di violenza con l'avvicinarsi del nuovo anno. Non è da escludersi che il presidente possa rispondere con la forza a tali minacce, chiedendo la repressione e lo sgombero del presidio. In tutto questo si colloca nel mezzo la polizia, che preferirebbe evitare una guerriglia urbana ed è aperta al dialogo con i bolsonaristi.
Nel frattempo, il nuovo ministro della Giustizia brasiliano Flavio Dino ha annunciato nei giorni scorsi che rafforzerà le misure di sicurezza per l'insediamento del presidente eletto in via precauzionale. Il passaggio "dovrà avvenire in un clima di pace", pertanto "tutte le procedure di controllo saranno rivalutate, con l'obiettivo di rafforzare la sicurezza". Poi la ferma condanna ai gravi fatti di Brasilia che "dimostrano come i partiti politici che si definiscono patriottici siano invece diventati incubatori di terroristi".
Il ministro si è detto infine pronto a proporre alla Procura della Repubblica un disegno di legge che istituisca la creazione di gruppi speciali dell'esercito per combattere il terrorismo e l'armamento irresponsabile, in difesa dello stato di diritto.
Il precedente risaliva alla notte tra il 12 e il 13 dicembre scorso, quando vennero incendiate delle auto nei pressi della sede della polizia federale. Anche in questo caso fu arrestato un noto militante pro-Bolsonaro, con Lula che attaccò il suo sfidante chiedendogli di ammettere la sconfitta elettorale e definendolo "persona irrazionale, anormale, il cui vero volto è quello della violenza e della repressione".