Accadde oggi, 28 gennaio 1871: fine della guerra franco-prussiana. Si trattò di un conflitto armato tra la Francia e la Prussia combattuto dal 1870 al 1871 e terminato con la sconfitta francese. A creare le premesse della guerra fu l’azione politico-diplomatica del cancelliere prussiano Otto von Bismarck: provocò Parigi facendo leva sulla candidatura del principe Leopoldo di Hohenzollern-Sigmaringen al trono di Spagna, candidatura a cui si opponeva Napoleone III. Quest'ultimo diede istruzioni all’ambasciatore francese Benedetti di chiedere assicurazioni al sovrano di Prussia Guglielmo I, il quale ricevette l’ambasciatore, gli confermò il ritiro della candidatura del principe Leopoldo, ma, non prese impegni per il futuro.
A questo punto Bismarck, manipolando il famoso telegramma di Ems inviatogli dal re, diffuse un comunicato in cui veniva detto che il sovrano aveva messo alla porta Benedetti. Ovviamente fu enorme la ripercussione che il comunicato ebbe in Francia. Così, Napoleone III, convinto della superiorità dell'esercito francese, dichiarò guerra alla Prussia il 19 luglio 1870. Con la Prussia si schierarono: la Baviera, la Sassonia e il Württemberg. E il primo agosto 1870, gli 800.000 uomini guidati dal generale Molte, erano già mobilitati; mentre la Francia, priva del sostegno dei suoi alleati, per l’inefficienza dei servizi logistici, riuscì a riunire solo 300.000 uomini, guidati dai marescialli MacMahon e Bazaine.
Dopo alterne vicende belliche, la Francia andò incontro a una grave disfatta militare a Sedan: 31 agosto e 1 settembre 1870. Battaglia in cui venne fatto prigioniero lo stesso imperatore francese. Alla notizia del disastro di Sedan, a Parigi scoppiò la rivoluzione: fine del Secondo impero e nascita della Terza Repubblica. Mentre un governo di difesa nazionale assunse il potere. A fine settembre Parigi era chiusa da un anello di forze tedesche, caddero anche Strasburgo e Metz. A quel punto iniziò un’eroica resistenza transalpina all’invasore, tecnicamente e materialmente superiore. Il ministro dell’Interno del governo di difesa nazionale, Leon Gambetta contribuì alla rivolta lasciando Parigi a bordo di una mongolfiera per organizzare l’arruolamento degli abitanti delle province.
Nel secondo periodo della guerra franco-prussiana, ovvero dalla fine di ottobre al termine del 1870, si susseguirono i tentativi transalpini di infrangere il blocco di Parigi e gli attacchi in campo aperto a opera delle armate della Loira e del Nord. Poi, in un terzo periodo, cioè nel gennaio del 1871, il comando tedesco impresse nuovo vigore all’assedio, iniziando il bombardamento della città. Il successo riportato da Giuseppe Garibaldi, accorso fin dall’ottobre 1870 con i suoi volontari in difesa della Francia nel combattimento di Digione del 23 gennaio, non influì sull’andamento generale del conflitto. Le truppe francesi vennero battute anche a Le Mans e a San Quintino: anche la guerra popolare repubblicana si concludeva dunque con la sconfitta.
Le trattative d’armistizio, cominciarono il 15 settembre 1871 per terminare il 28 gennaio di 152 anni fa. Dimessosi l'intransigente Gambetta l’armistizio fu esteso a tutta la Francia e successivamente rinnovato, fino a quando le trattative di pace, iniziate formalmente il 21 febbraio a Versailles, non si conclusero col Trattato di Francoforte del 10 maggio 1871. Quest’ultimo assegnò alla Prussia l’Alsazia e la Lorena, modificando gli equilibri europei a danno della Francia. A seguito della sconfitta militare e della ripresa degli ideali repubblicani e socialisti, tra il 18 marzo e il 28 maggio, venne costituita la Comune di Parigi, poi stroncata dalla repressione di MacMahon (nella foto: Paul von Hindenburg che combattè nella guerra franco-prussiana prima di diventare generale e Presidente della Germania).
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