Partito nella notte italiana Il Congresso Nazionale del Popolo, l'organo legislativo cinese composto da quasi 3.000 membri, che si riunisce ogni anno per esaminare le relazioni presentate del governo e scegliere i leader per i prossimi cinque anni. L’assemblea si chiuderà lunedì 13 marzo.
Nonostante i membri si siano radunati solamente da poche ore si conoscono già le prime decisioni esecutive, che riguardano Difesa ed economia: nel primo caso è stato annunciato un aumento del budget pari al 7,2%, mentre nel secondo è stato fissato al 5% il tasso di crescita per il 2023.
La Cina si ferma per programmare meticolosamente i lavori del Congresso Nazionale del Popolo, il secondo evento per importanza dopo il Congresso del Partito Comunista che lo scorso ottobre ha consegnato al presidente Xi Jinping il terzo mandato in carica.
Per il confermato leader il 2023 dovrà segnare l’anno del rilancio dovuto un 2022 piuttosto complesso e sottotono per il Dragone sotto molti punti di vista, a cominciare da quello economico. Come detto in apertura, Pechino si è posta l’obiettivo ufficiale di crescita economica di circa il 5%, nel tentativo di rilanciare la seconda economia mondiale dopo un anno di crescita tiepida a causa delle misure contro la pandemia.
Era grossomodo un anno fa quando la capitale e Shanghai furono colpite dall’ondata più pesante di coronavirus, con l’imposizione di un lockdown rigidissimo che segnò l’inizio delle polemiche sulla strategia Zero Covid. Nel suo discorso davanti al Congresso, il primo ministro uscente Li Keqiang ha parlato di ripresa costante e di ampio potenziale per un nuovo slancio economico.
L'economia cinese è inoltre stata in grado di implementare più di 12 milioni di posti di lavoro, facendo così calare il tasso di disoccupazione urbano al 5,5%. Nella bozza di bilancio c’è poi una nota che va ulteriormente monitorata: quella della spesa pubblica alla Difesa, che nel 2023 è prevista in aumento del 7,2% arrivando così a 224 miliardi di dollari. Proprio in campo militare la Cina si appresta a introdurre una mini-rivoluzione che riguarderà l’intero processo, dall’addestramento alla strategia fino alla macchina organizzativa.
Il premier uscente Li Keqiang ha inoltre portato sul tavolo di discussione anche il tema legato all'indipendenza di Taiwan. In particolare, dai primi dibattiti emerge l'intenzione di portare avanti una linea politica che guarda alla riunificazione pacifica tra Cina e Taiwan, mentre sembra categoricamente esclusa qualsiasi possibilità di indipendenza per quanto riguarda la nazione insulare. Proprio su quest'ultimo punto, infatti, Li Keqiang ha promesso l'attuazione di "misure risolute" in caso Taiwan dovesse insistere nei suoi tentativi di rendersi indipendenti; dall'altro lato, invece, l'atteggiamento cinese sarà sempre orientato verso la ricerca di una collaborazione tra le parti.
Quello del premier uscente Li Keqiang è una sorta di monito e al contempo un tentativo di distensione verso l'isola di Taiwan con cui ormai da oltre un anno si sono intensificati gli attriti. In un estratto del suo discorso, tuttavia, il premier cinese ha lasciato chiaramente intendere quale sarà l'approccio da parte della Repubblica Popolare anche nei prossimi anni: