In India stanno venendo censurati gli account degli oppositori del primo ministro Narendra Modi: sono 120 i profili oscurati tra cui diversi importanti parlamentari e giornalisti noti nel Paese.
Accuse di censura per Twitter dopo che 120 account sono stati sanzionati per aver postato tweet contenenti critiche al premier indiano Narendra Modi. Il social è accusato di aver bloccato decine di importanti giornalisti, politici e attivisti nelle ultime settimane. Poco tempo fa c'era stato il blocco di Internet nel Punjab mentre si cercava un leader separatista sikh. Tanti i volti noti bloccati, tra questi ci sono il politico canadese di origine indiana Jagmeet Singh, il poeta Rupi Kaur, diversi giornalisti e un deputato indiano.
Jaskaran Sandhu, co-fondatore di Baaz News con sede a Toronto, ha denunciato la situazione al Guardian. Baaz News è un'agenzia che pone molta attenzione sulla diaspora sikh in India. Sandhu lo scorso 21 marzo ha ricevuto un'e-mail da Twitter che diceva che il suo account era oscurato in India, senza dare alcuna motivazione
Raqib Hameed Naik, fondatore di Hindutva Watch, un sito con sede negli Stati Uniti che tiene traccia dei crimini di odio in India ha biasimato questa scelta del social dicendo che la tecnologia sembra arrendersi al regime del primo ministro Modi: "La condotta di Twitter in India stabilisce una preoccupante tendenza a mettere a tacere media, critici e dissidenti in tutto il mondo".
L'organizzazione senza scopo di lucro statunitense Freedom House ha accusato il governo del premier Modi di "spingere l'India verso l'autoritarismo". Già nel 2021 il Paese era passato da "libero" a "parzialmente libero". Le piattaforme di social media, incluso Twitter, sono viste come un modo utile per esprimere dissenso, dopo che i media tradizionali hanno in gran parte ceduto alle pressioni del governo. Lo scorso luglio Twitter non era d'accordo dopo che il governo ha introdotto una legislazione volta a regolamentare ogni forma di contenuto digitale, comprese le notizie online, i social media e le piattaforme di streaming e autorizzandosi a rimuovere i contenuti ritenuti "discutibili".