A tre giorni dal ritorno dall'Ungheria, Papa Francesco, nell’udienza generale di oggi, ha parlato del ruolo importante dell’Europa di pontiere che deve accogliere chi bussa alla porta e ha riportato le sue riflessioni sul suo ultimo viaggio.
Il Santo Padre ha raccontato di aver visto, durante il suo ultimo viaggio in Ungheria, gente semplice e laboriosa custodire con fierezza il legame con le proprie radici, rappresentate soprattutto dai santi che hanno dato la vita per il popolo, santi che hanno testimoniato il Vangelo dell’amore, santi che sono stati luci nei momenti di buio.
E tal proposito ha ricordato:
Bergoglio ha poi ripercorso la storia dell’oppressione comunista e di quella nazista. La deportazione degli ebrei viene definita dal Pontefice un atroce genocidio, durante il quale tanti si distinsero per la resistenza e la capacità di proteggere le vittime, e questo fu possibile perché le radici del vivere insieme erano salde.
Il Papa ha speso parole anche sulla grande rete di carità della Chiesa ungherese, e ha affermato che che l’Ungheria è impegnata a costruire ponti per il domani, grazie all’attenzione per l’ecologia e il futuro sostenibile, ma anche con l’impegno per la famiglia, che crea ponti per le generazioni.
In Ungheria, ha spiegato, ci sono infatti diverse confessioni cristiane, il che porta alla bellezza di creare ponti tra i credenti.
Infine, a margine dell’udienza generale, il Pontefice ha detto di essere rimasto colpito anche dall’importanza della musica, e sottolineato la devozione mariana del popolo ungherese: