Chi è Kilicdaroglu. Il capo dell'opposizione ad Erdogan in Turchia potrebbe dare diversi problemi alle urne all'attuale presidente che lo definisce un "ubriacone". Da molti è visto come il "Gandhi turco" ed ha una lunga militanza politica nel Partito Popolare Repubblicano.
Potrebbe essere lui il politico che metterà la parola fine all'era Erdogan. Kemal Kilicdaroglu ha 74 anni e guida un'alleanza di sei partiti molto diversi ma uniti da un unico obiettivo: cambiare le sorti della Turchia dopo venti anni. Un sacrificio-o un passo avanti-"ideologico", quello del leader dell'opposizione che ha trasformato il proprio partito per poterlo rendere più aperto a diverse alleanze con i filocurdi dell'Hdp. Sostegno che potrebbe essere decisivo per l'esito finale delle elezioni. Kilicdaroglu ha rivendicato la propria appartenenza alla minoranza musulmana sciita-alevita in un video: questo costituisce la rottura di un importante taboo della politica turca. Se venisse eletto sarebbe il primo presidente alevita in Turchia.
Dai modi pacati e molto contenuto, Kilicdaroglu riesce comunque ad essere un uomo forte nel suo partito. Quasi sconosciuto da chi mastica poco di politica turca e simile a Gandhi nell'aspetto, il leader dell'opposizione nel 2009 era candidato a sindaco di Istanbul. Nel 2010 è poi diventato segretario del partito repubblicano. Spesso si rimprovera al leader dell'opposizione un'assenza di carisma che però è diventata un fattore a suo vantaggio. La sfida più grande è stato il superamento del kemalismo per poter unire i partiti nella grande coalizione anti-Erdogan. A detta dell'avversario di Erdogan sono molti gli errori commessi dal suo Chp in passato e si è reso necessario un cambio di rotta non solo per poter sconfiggere l'attuale presidente ma anche per il futuro della Turchia.
Il presidente turco non fa segreto del suo disprezzo nei confronti del candidato e dell'opposizione molto variegata. Ieri nel corso di un comizio, connotato da grande nervosismo per l'imminente apertura delle urne, ha detto che si rifiuta di lasciare il Paese in mano a degli "ubriaconi".