Giovanni Cobolli Gigli, ex Presidente della Juventus dal 2006 al 2009 è stato ospite su Cusano Italia Tv a 'Cose di Calcio', programma condotto da Debora Carletti e Flavio M. Tassotti in onda ogni martedì alle ore 21.30 sul 264 del digitale terrestre.
Nella trasmissione 'Cose di calcio' è intervenuto l'ex presidente della Juventus, Giovanni Cobolli Gigli che partendo dagli anni in cui era a capo del club bianconero ha cercato di delineare le differenze tra la situazione che ha vissuto la sua Juventus e quella della stagione appena trascorsa. Passando dal grande acquisto di mercato Cr7 al caos Agnelli-Superlega.
La Juventus del 2006 ha affrontato la questione legale fuori dal Campionato. Lo scandalo legato a Calciopoli arrivò in un momento in cui non si giocavano le partite di Serie A, ma c’erano i mondiali. I nostri giocatori tornavano in gran parte dal mondiale vinto, con un grande entusiasmo alle spalle. La ripartenza era chiara: c’era la Serie B e i punti di penalizzazione. I ragazzi sapevano dunque a cosa andavano incontro, mentre quelli della Juventus attuale no. Questa stagione ha toccato il sistema nervoso dei giocatori e relativamente anche quello dell’allenatore - sempre molto composto – che soprattutto poi nelle ultime partite è scoppiato. Quindi se dovessi fare un paragone sul campo direi che la Juventus di oggi si è trovata in una situazione molto più complicata rispetto a quella che ho gestito io.
L'ex presidente ha continuato lodando i giocatori rimasti nella stagione del 2006-2007.
La Juventus che trovammo io e Jean-Claude Blanc era la Juventus dei grandi campioni. Molti dovemmo venderli: Ibrahimovic, Cannavaro, Emerson, Zambrotta. La situazione non era facile. Coloro che rimasero, consci di ripartire dalla serie B, alzarono presto la china e con una grande determinazione, un’anima da campioni e l’amore per la squadra fecero delle cose imprevedibili come quella di vincere il campionato. Tutt’altro che scontato.
Ciò che non sono riuscito a cogliere nella squadra attuale di Allegri è quella comunione di intenti e l’atmosfera desiderosa di fare tutti il meglio per la squadra. .
Andando a ritroso, l'ex presidente ha ricordato il momento in cui è stato chiamato dal club bianconero.
Mi è stato detto che dovevo diventare presidente della Juventus per gestire una realtà con delle regole precise come quelle dettate dalle società quotate in borsa. Nel frattempo insieme al CdA dovevamo anche gestire il problema di ‘Calciopoli’.
Io sono arrivato alla fine di giugno del 2006 e Calciopoli è scoppiata ai primi di luglio dello stesso anno. Partivo con una squadra blasonata, ma dalla Serie B, che aveva tanti punti di penalizzazione. È stata questa la cosa più complicata da gestire in quel periodo. Sono bastati però 2-3 mesi per rimetterci in sesto. Da lì, tutto il resto, è storia.
È stato un periodo talmente tanto denso di emozioni potenti che non mi sono nemmeno reso conto di quello che stava succedendo. Cercavo di non leggere e di non avere nessun tipo di informazione su quello che erano i commenti e le critiche sulla gestione del club. Ci siamo focalizzati sulla ripartenza con un grande allenatore Didier Deschamps che io rimpiango tutt’ora. Lui infatti ci ha seguito solo nel ritorno in serie A realizzato con 3 settimane di anticipo rispetto alla fine del campionato ma poi per una serie di motivi ha deciso di andarsene. Per me è stato un dolore e forse per lui una decisione troppo avventata.
Se la società torinese avesse commesso sbagli negli ultimi anni, l'ex n. 1 bianconero ha risposto che: Francamente penso che la Juventus negli ultimi anni abbia commesso una serie di errori che personalmente ritengo gravissimi. Dall’acquisto di CR7 all’uscita di Marotta dalla società e con Paratici che non ha combinato una giusta. Agnelli lo mandava a rispondere alla fine delle partite perché sostanzialmente voleva metterlo in difficoltà. Anche Nedved che è stato uno dei più grandi campioni del club, nella funzione di vice presidente non funzionava perché non aveva la diplomazia che doveva avere una persona che ricoprisse tale carica.
Io mi auguro che la squadra riparta nel migliore dei modi la prossima stagione. Anzi, credo che in questo momento la Juventus si stia facendo, per la prima volta, un bagno di umiltà che avrebbe dovuto fare qualche anno fa. Credo che abbiano capito che non si può andare avanti a spendere più di 100 milioni di euro per due campionati successivi. Non si può arrivare ad una situazione finanziaria per cui gli azionisti hanno dovuto mettere dentro altri 400 milioni di euro. Bisogna ridimensionare quello che è il sistema di gestione del club. Non si possono dare 8 milioni ad un Pogba o 30 milioni ad un Cristiano Ronaldo. Non si può mettere una stella del calcio isolata rispetto a tutto quello che è il contesto della squadra e dei giocatori. Questi sono errori madornali.
La Superlega, un progetto che può funzionare, ma con le giuste basi. Per Giovanni Cobolli Gigli in futuro il progetto può avere una validità ma "su un piano che coinvolga le migliori squadre (non sempre le stesse) per poter far vedere un calcio ancora più bello. Il problema è 'come' il progetto sia stato presentato dal presidente Agnelli che è sbagliato: erano le 23 e senza forse nemmeno avvisare il CdA si mostrava una bozza di campionato con una decina di squadre. Anche lì un’idea buttata così che ha creato soltanto casini e dissapori".
Lo stesso presidente ha tenuto a precisare come: "Un errore della società è stato quello di scegliere come presidente Agnelli. Il suo profilo non era ideale per gestire una polveriera come questa. La gente pensa che il cognome che porta dietro di sé, abbia a che fare con il concetto di onnipotenza. Eppure no, non esiste l’onnipotenza. Per me era meglio prendere un uomo come Cobolli Gigli che sostanzialmente poteva fungere da cuscinetto, da ammortizzatore. Nel caso di Agnelli l’ammortizzatore non c’è stato.
Sul cammino dei due allenatori che si sono susseguiti dal 2019 al 2021, Giovanni Cobelli Gigli ha un'idea ben precisa.
Sarri? Non nego che sia stato e sia un allenatore delle grandi capacità ma allora non era da Juventus. Lui stesso, quando se ne è andato ha capito e ha ammesso che il clima bianconero non era ideale per lui.
Nel 2020 la decisione di prendere Pirlo: bravissima persona e tecnico capace ma che non è riuscito a fare quello che doveva fare. Non solo i cambi di allenatore che mi rendevano dubbioso, ma l’atteggiamento della società. Non parlo delle chiamate o delle intercettazioni. Si percepiva che non c’era più la solidarietà degli anni passati. Agnelli ha creato una sorta di tensione nella squadra che non era una creativa ma distruttiva.
Su Mancini: Ha fatto delle ottime cose all’inizio quando è diventato allenatore della Nazionale e forse c’ha illusi che la cosa poteva ben continuare. Poi lui stesso ha detto che avrebbe dovuto prendere delle decisioni di cambiamento drastiche in anticipo.
Ha allenato gli azzurri con l’anima e con il cuore e secondo me Mancini è un allenatore eccezionale. Credo però che ben presto sentirà la nostalgia di quella che è la tensione positiva nel gestire una squadra di calcio che gioca partite settimanalmente o addirittura uno o tre volte la settimana.
Mi fa molto piacere che Ranieri sia riuscito a fare un salto così importante e improbabile sulla panchina del Cagliari. Io credo realmente che il club rossoblù non fosse nella situazione di poter pensare ad un possibile ritorno in serie A. So bene che il mister è una persona eccezionale, anche allora nel 2007 alla Juventus era un ottimo allenatore. Mi ricordo che verso la fine della stagione nel 2009 si erano creati dei malumori all’interno dello spogliatoio e così noi decidemmo a malincuore di rinunciare a Ranieri e iniziare un nuovo percorso con Ciro Ferrara.
Anche se riconosco che Allegri non ha fatto un bel gioco quest’anno credo che sia corretto dargli la possibilità di andare avanti per i prossimi due anni. Anche per non sobbarcare la Juventus di un ulteriore costo. Premesso questo, i nomi per il post Allegri sono tanti ma io sceglierei un allenatore giovane come Igor Tudor che ha dimostrato di avere delle buone visioni di calcio. Se non lui, sceglierei comunque allenatori di una generazione abbastanza giovane che abbiano una visione del calcio più moderna e che siano in grado di stimolare i giocatori a fare un buon gioco.