Cuore, batticuore ed incertezza. Il risultato delle elezioni spagnole restituisce equilibrio: se è vero che il Pp (Partito Popolare, di centrodestra) risulta il partito più votato, è altrettanto vero che il Psoe (Partito Socialista del Presidente uscente Sanchez) può contare sul fatto di poter potenzialmente mettere in piedi una coalizione, di misura, più larga. Questo lo schieramento in variazione elettorale rispetto alle precedenti consultazioni del 2019:
PP 136 seggi (+47); PSOE 122 (+2); Vox 33 (-19); Sumar 31 (-7 rispetto a UP+MP); ERC 7 (-6); JuntsxCat 7 (-1); EH Bildu 6 (+1); EAJ-PNV 5 (-1); BNG 1 (0); CC 1 (-1) UPN 1 (-1).
Hanno vinto – o perso? – tutti. Sicuramente il Pp, numeri alla mano, ma anche il Psoe che rimane più che a galla dopo la scommessa elettorale fatta dal Presidente uscente, Pedro Sanchez, quando lo scorso maggio aveva deciso di riportare la Spagna alle urne. L’esito deludente delle elezioni amministrative di maggio e gli equilibri labili interni alla maggioranza, avevano convinto Sanchez a scommettere sulle nuove elezioni sotto il motto del Todo o nada. Delusione invece per Vox, partito di estrema destra, che perde ben 19 seggi.
Ora si tratta di prendere il pallottoliere e fare la conta. E iniziamo: una coalizione Pp e Vox raggiungerebbe 171 seggi. Uno in meno di quella tra Psoe, Sumar ed altri partiti regionalisti. Dubbia, a proposito di partiti regionalisti, è la posizione dei 7 deputati JuntsxCa – partito dell’ex Presidente della Catalunya Carles Puidgdemont – che potrebbero essere il vero ago della bilancia in un senso o nell’altro.
L’articolo 99 della Costituzione del Regno di Spagna regola la formazione del governo. Le vie sono due: il Presidente incaricato dal Re deve ottenere la maggioranza assoluta dei voti (176) al Congresso dei Deputati. Questo, in base al risultato elettorale che la notte ci ha restituito, non è possibile. La seconda strada, preso atto del fatto che non c’è una maggioranza assoluta, è ottenere la maggioranza relativa in una seconda chiamata che si tiene a 48 ore dalla prima. La fiducia, in questo caso, s’intenderà concessa qualora si ottenga la maggioranza semplice. È qui che trova speranza l'ambizione di Pedro Sanchez di restare al potere: i 172 voti della sua coalizione post-elettorale sarebbero sufficienti ad ottenere la fiducia qualora il partito regionalista JuntsxCa decidesse di astenersi.
Una nota a margine riguarda il primo atto con cui entrerà in funzione il nuovo Parlamento spagnolo: l’elezione del presidente della Camera. Una figura importantissima perché collabora con il Re nella individuazione della persona a cui affidare il mandato presidenziale (sempre l’articolo 99 della Costituzione, infatti, afferma che il Presidente della Camera controfirma l’atto del Re). È probabile, in virtù della maggioranza seppur risicata, che verrà eletto in seconda votazione - quindi a maggioranza relativa - un Presidente della Camera espressione del Psoe. Possiamo immaginare, quindi, che l’incarico di formare il governo verrà affidato proprio a Sanchez. Ma sono ipotesi che vengono fatte in un quadro di complessità non indifferente. I dialoghi che i vari leader porteranno avanti nel sottobosco della politica spagnola potrebbero risolvere questo shangai di incertezza in chissà quale modo. Intanto, è con la fortuna che appartiene agli audaci che lo scommettitore Sanchez rimane in attesa. Todo o nada, letteralmente.