"Non pensavo che si potesse ancora adoperare la parola 'lanzichenecchi'". E invece il buon Alain Elkann l'ha fatto, attaccando così il suo articolo su "Repubblica", per descrivere l'abisso sociale ancorché culturale di un Roma-Foggia nella prima classe di Italo. Un po' come "Cuore di tenebra", insomma.
Social scatenati dopo l'articolo di Alain Elkann sui "lanzichenecchi" del Roma-Foggia. La parola più ricorrente: classista.
Social in subbuglio e la parola "classista" la più ricorrente. In sostanza ragazzi: sono loro i lanzichenecchi di cui sopra. Tra l'altro privi di orologio (dettaglio specificato). E tutti a parlare a voce alta. Pura maleducazione, su questo appoggiamo Elkann. A parlare, dicevamo, di calcio e ragazze, incuranti della magnificenza lì dappresso:
Io indossavo, malgrado il caldo, un vestito molto stazzonato di lino blu e una camicia leggera. Avevo una cartella di cuoio marrone dalla quale ho estratto i giornali: il Financial Times del weekend, New York Times e Robinson, il supplemento culturale di Repubblica. Stavo anche finendo di leggere il secondo volume della Recherche du temps perdu di Proust e in particolare il capitolo Sodoma e Gomorra. Ho estratto anche un quaderno su cui scrivo il diario con la mia penna stilografica.
Finale:
Arrivando a Foggia, mi sono alzato, ho preso la mia cartella. Nessuno mi ha salutato, forse perché non mi vedevano e io non li ho salutati perché mi avevano dato fastidio quei giovani lanzichenecchi senza nome.
Poiché il giornalismo, pur essendo morto, ogni tanto si ricorda di "lottare insieme a noi", la mail del cdr di "Repubblica" riportata dal "Fatto Quotidiano" riporta così:
Questa mattina la redazione ha letto con grande perplessità un racconto pubblicato sulle pagine della Cultura del nostro giornale, a firma del padre dell'editore (John Elkann, ndr). Considerata la missione storica che si è data Repubblica sin dal primo editoriale di Eugenio Scalfari, missione confermata anche ultimamente nel nuovo piano editoriale dove si parla di un giornale identitario vicino ai diritti dei più deboli, e forti anche delle reazioni raccolte e ricevute dalle colleghe e dai colleghi, ci dissociamo dai contenuti classisti contenuti nello scritto. Per i quali peraltro siamo oggetto di una valanga di commenti critici sui social che dequalificano il lavoro di tutte e tutti noi, imperniato su passione, impegno e uno sforzo di umiltà.
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