Donald Trump ha annunciato che si presenterà in tribunale per rispondere alle accuse di frode fiscale. Sembrerebbe infatti che l’ex tycoon abbia fornito dichiarazioni false riguardo la Trump Organization in modo tale da ottenere finanziamenti sempre più ingenti. Si tratterebbe di una pratica messa in atto sistematicamente e per decenni, ragion per cui la sanzione richiesta è così ingente: 250 milioni di dollari.
La dichiarazione di Trump si ritrova all’interno della sua piattaforma, il Truth Social:
Di fatto, però, la settimana scorsa si è tenuta la prima sentenza del caso e la richiesta di archiviazione è stata respinta. Il magistrato, infatti, ha ribadito come dalla lettura delle prove presentate sembra evidente come gli imputati si siano macchiati di frode, falsificando i redditi fino a 3,6 miliardi di dollari. I prestiti richiesti dall’ex Presidente degli Stati Uniti sarebbero serviti per la costruzione di alcune proprietà: un golf resort a Miami e due hotel di lusso, uno a Washington e uno a Chicago.
Già la scorsa settimana, perciò, si è tenuto il primo provvedimento con la revoca immediata della licenza e l’obbligo a sciogliere le società, oltre ad un monitoraggio costante da parte di un esterno riguardo le attività dell’organizzazione che fa capo a Trump.
Le reazioni del tycoon non si erano fatte attendere e sono state, come spesso accade, decisamente sopra le righe. La procuratrice che ha avviato il procedimento e il giudice che ha comminato il primo provvedimento sono stati definiti, rispettivamente, corrotta e squilibrato. L’ex inquilino della Casa Bianca ha poi parlato di caccia alle streghe nei suoi confronti, architettato per minare la sua immagine in vista delle elezioni nel 2024.
Il fatto che Trump sia imputato in quattro differenti processi, tuttavia, non sembra minare alla sua campagna presidenziale. I recenti sondaggi lo indicano infatti come ampiamente in testa rispetto a Joe Biden, in corsa per un secondo mandato. Anzi, l’attuale capo di Stato statunitense è ai minimi storici per quanto riguarda l’indice di gradimento interno, che sarebbe potuto ulteriormente peggiorare in caso di shutdown federale, poi scongiurato in extremis.