Il bilancio dei feriti in Siria del raid aereo israeliano parla di due soldati ma il computo potrebbe sensibilmente aumentare. A riportare l’annuncio sono i media statali siriani, che a loro volta riprendono una fonte militare. L’attacco israeliano si è verificato nella provincia orientale di Deir al Zor, poco prima della mezzanotte del 2 ottobre:
Israele non ha rilasciato comunicati sulla vicenda, seguendo così una prassi diffusa per il paese, che raramente effettua dichiarazioni dopo singole operazioni. Si tratta di uno stato di guerriglia che, di fatto, prosegue da anni. Gli attacchi israeliani hanno come obiettivo postazioni iraniane che si trovano in Siria, luogo in cui l’influenza di Teheran sta crescendo vertiginosamente. L’Osservatorio siriano per i diritti umani (Sohr), una no-profit con sede nel Regno Unito, ha evidenziato come fino ad agosto scorso gli attacchi militari al paese sono stati 22, con 52 morti.
Leggendo quanto dichiarato dal Sohr, l’attacco di Israele tramite raid aereo non avrebbe ricevuto nessuna opposizione. La difesa anti-aerea siriana, infatti, sarebbe rimasta a terra e questo lascia presupporre ad un sabotaggio. Le esplosioni sembrano essere state in tutto tre e secondo Israele l’obiettivo era quello di colpire armi iraniane pronte per essere inviate agli Hezbollah libanesi, la milizia paramilitare e forza politica da sempre in rapporti più che tesi con Israele.
La situazione interna in Siria, intanto, è drammatica. La guerra civile dura ormai da un decennio e all’orizzonte non sembrano esserci i presupposti per una sua imminente fine. La crisi economica attanaglia ormai tutto il paese, con poche eccezioni. L’ONU stima che il 90% della popolazione stia vivendo in condizioni di povertà e si susseguono le proteste e gli scioperi, anche tra chi sostiene Assad.