Scende in piazza anche la premier islandese per quanto riguarda lo sciopero delle donne a proposito del gender pay gap. Un tema che non riguarda solo l’Islanda ma quasi tutte le realtà mondiali in cui le lavoratrici, a parità di lavoro, ricevono una retribuzione inferiore rispetto ad un collega uomo. Da tempo le organizzazioni che si occupano della lotta per i diritti femminili chiedono una pubblicazione degli stipendi di tutti i settori, per rendere evidente (e soprattutto pubblico) il divario esistente.
La Prima Ministra Katrin Jakobsdóttir partecipa allo sciopero e afferma di aspettarsi che lo stesso facciano anche le altre donne parte del governo. La manifestazione proclamata in tutta l’Islanda non riguarda solo le lavoratrici ma include anche i lavori domestici, quello che culturalmente viene ancora fatto in gran parte da donne.
La protesta in Islanda arriva a circa 50 anni di distanza da uno molto simile, in cui incrociarono le braccia casalinghe e lavoratrici: l’adesione fu enorme, con più dell’80% delle donne che aderirono al blocco. Lo sciopero islandese è fondamentale anche perché organizzato nel paese primo per uguaglianza di genere per 14 anni consecutivi secondo il World Economic Forum (WEF). Un aspetto che deve lasciar intendere come l’attenzione rivolta a questo tema non debba abbassarsi.
Lo slogan della protesta, definita dagli insegnanti come un atto di disobbedienza civile, è Questa la chiamata uguaglianza?. Oltre all’uguaglianza, la richiesta è quella di una lotta continua contro la violenza di genere e che venga riconosciuto il contributo delle donne e delle persone non binarie. Alla manifestazione sono attese 35 sigle differenti tra associazioni, sindacati e reti femministe, che sfileranno nella capitale, Reyjkjavik.