Il 29 novembre 2012, l'Assemblea generale delle Nazioni Unite ha sancito un momento significativo nella storia del Medio Oriente e nelle relazioni internazionali, riconoscendo la Palestina come Stato osservatore non membro all'ONU. Questa risoluzione, approvata con una larga maggioranza di 138 voti favorevoli, ha segnato un passo importante nella lunga ricerca della Palestina per il riconoscimento internazionale.
Il conflitto tra Israele e Palestina è una delle questioni più complesse e durature del panorama internazionale. La decisione dell'Assemblea Generale delle Nazioni Unite di concedere alla Palestina lo status di Stato non membro osservatore permanente ha aperto nuove prospettive e sollevato importanti questioni legali e politiche.
Prima di ottenere questo status, la Palestina era stata riconosciuta come un ente osservatore sotto diverse denominazioni. Fin dal 1974, come Organizzazione per la Liberazione della Palestina (OLP) e successivamente, dal 1988, come "Palestina". Nonostante l'auto-proclamazione come stato nel 1988, con Gerusalemme come capitale, la questione della sua statualità è rimasta controversa.
Infatti, la Palestina aveva precedentemente tentato di unirsi alle Nazioni Unite come membro a pieno titolo. Tuttavia, queste iniziative erano state bloccate, principalmente a causa dell'opposizione degli Stati Uniti, membro permanente con diritto di veto del Consiglio di sicurezza.
Il nuovo status della Palestina è paragonabile a quello della Santa Sede, che è anch'essa uno Stato osservatore non membro all'ONU. Il suddetto riconoscimento fornisce alla Palestina un accesso più ampio a trattati e organizzazioni internazionali, precedentemente limitato.
Sebbene la Palestina possa partecipare attivamente in molte conferenze e discussioni all'ONU, manca però ancora del diritto di voto. Inoltre, non può ancora diventare membro a pieno titolo di organi sussidiari dell'ONU.
Il voto ha riscontrato un'ampia accoglienza e sostegno internazionale. Tuttavia, alcuni paesi, come Israele e gli Stati Uniti, si sono opposti a questa decisione. Nonostante ciò, molti hanno visto questo evento come un passo avanti verso il progresso nel lungo conflitto israelo-palestinese. Convinzione poi frantumata con gli eventi che si sono susseguiti nel corso degli ultimi anni, fino allo scoppio del conflitto più recente.
La Corte Internazionale di Giustizia (CIJ), organo giudiziario principale delle Nazioni Unite, gioca un ruolo cruciale nella risoluzione delle controversie tra gli stati. Tuttavia, la sua efficacia è limitata dalla necessità che entrambe le parti coinvolte in una disputa siano membri delle Nazioni Unite o accettino esplicitamente la sua giurisdizione. Questo impone un ostacolo significativo per la Palestina, poiché non è un membro a pieno titolo delle Nazioni Unite.
La non appartenenza piena della Palestina alle Nazioni Unite limita la sua capacità di sfruttare appieno gli organi internazionali per portare avanti le sue cause contro Israele. Ciò contribuisce a limitare il campo di azione della Palestina nel contesto internazionale, riducendo la sua influenza e le sue possibilità di ottenere giustizia attraverso le vie legali internazionali.
La Corte Penale Internazionale (CPI) rappresenta un'altra arena cruciale per il diritto internazionale. A differenza della CIJ, la CPI ha la capacità di perseguire individui per crimini di guerra, genocidio e crimini contro l'umanità. La Palestina aveva già tentato di attivare la CPI, ma la sua richiesta è stata respinta in quanto non era considerata uno Stato. Con lo status ottenuto nelle Nazioni Unite, però, si è aperta la possibilità che la Palestina possa aderire allo Statuto della CPI, aumentando le sue opportunità di portare avanti azioni legali contro presunti crimini commessi da Israele.
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L'Italia ha sorprendentemente votato a favore della Palestina come Stato non membro osservatore all'ONU, allineandosi con Francia e altri stati dell'Europa meridionale. Questa decisione, che ha suscitato l'amarezza di Israele, mira a rafforzare i legami con i paesi arabi.
Tuttavia, il governo italiano ha posto delle condizioni, richiedendo alla Palestina di non utilizzare questo voto per accedere ad altre agenzie dell'ONU o adire la Corte Penale Internazionale (CPI), né di farne un uso retroattivo.
Queste riserve hanno sollevato interrogativi, in quanto contraddicono l'articolo 11 della Costituzione italiana, che promuove la cooperazione internazionale e la giustizia tra le nazioni, ma sollevando anche non pochi dubbi sulla effettiva efficacia del voto italiano.
L'Unione Europea, che ha ottenuto uno status di osservatore privilegiato all'ONU, si è mostrata divisa sulla questione, con alcuni stati membri che si sono astenuti o hanno votato contro.
La reazione di Israele e Stati Uniti è stata negativa, sottolineando che tale riconoscimento non favorirà il processo di pace, e che una soluzione duratura può essere raggiunta solo attraverso negoziati diretti.