Sara Simeoni: basta il nome a raccontare la storia. La prima donna al mondo capace di spiccare il volo e di superare i 2 metri d’altezza con un salto in alto. La seconda atleta della storia italiana a vincere un titolo olimpico. Ha scritto la storia, ha battuto record su record, è stata ed è tuttora un esempio di sport, umiltà e un’icona nazionale. Nel corso della sua carriera ha affrontato enormi difficoltà e superato tutti gli ostacoli pur di raggiungere il suo obiettivo. Per rispondere alle dichiarazioni di Tamberi, rispetto alla pressione dei media e dei social, Sara Simeoni è intervenuto in esclusiva a Tag24.
Media e social rischiano di mettere troppa pressione agli atleti, questo il messaggio lanciato ieri da Gianmarco Tamberi, a margine dell’incontro con il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella al Quirinale. Rappresentare l'Italia per noi è un onore immenso, ma porta anche molta pressione. E la pressione, se viene troppo accentuata, lede la nostra parte più intima ha detto l’atleta davanti al Capo dello Stato. Una denuncia rivolta anche agli haters e ai fan che troppo spesso dimenticano di avere rispetto per la persona, prima ancora che per l’atleta. Un discorso diventato rapidamente virale e che ha aperto un dibattito sullo sport moderno e su quale sia il limite da non superare. Nel corso degli anni le cose sono sicuramente cambiate, ma la pressione resta un fattore con cui i professionisti devono imparare a convivere. Per approfondire l’argomento, in esclusiva a Tag24 è intervenuta Sara Simeoni, regina del salto in alto.
Giornalisti e social rischiano di influire negativamente sulle prestazioni di un atleta?
Penso che sia un discorso particolare. Penso che i giornalisti che si occupano di un determinato sport siano abbastanza competenti da comprendere quale siano i momenti in cui l’atleta ha bisogno di serenità e di allenarsi senza distrazioni. Con i social invece, purtroppo il discorso è diverso. Io non li utilizzo, ma so che è un mondo spesso difficile da controllare. Tutto questo esula dal mio modo di pensare e mi rendo conto che, come su tutto, ci siano pro e contro. È complicato riuscire a gestire tutto al massimo, ma oggi gli atleti, quando raggiungono un determinato livello, hanno anche uno staff che gestisce tutto questo. Quindi devono essere in grado di trovare comunque la loro stabilità.
Tamberi ha parlato anche di pressione, una pressione che se troppo accentuata lede l’intimo dell’atleta. Cosa ne pensa?
Mi sembra che stiamo un pò esagerando. Siamo sempre stati tutti sotto pressione, fa parte del mestiere. Per forza di cose quando uno raggiunge un determinato livello si genera interesse. Tra l’altro, ai miei tempi non avevamo di certo lo psicologo che ci veniva in supporto né tanto meno uno staff pronto a lavorare per noi. Nessuno scudo protettivo rispetto al resto del mondo, anzi, eravamo nella gabbia dei leoni ed era di certo più complicato. Dovevamo sopportare, digerire e farci carico di ogni problema. E poi ora ci sono nello sport interessi economici e sponsor e questo cambia tutto. Quando c’è qualcuno che investe su di te è chiaro che pretende anche.
Quindi secondo lei è questo che influenza la serenità degli atleti?
Credo di sì. La mia tranquillità forse veniva da questo. Sapevo di non essere trattata alla pari di un uomo a livello economico, ma mi impegnavo al massimo sapendo che più di quello non potevo fare. Adesso invece per qualunque cosa c’è uno sponsor e l’immagine arriva ancor prima dell’atleta. È chiaro che è complicato, ma non si può aver tutto dalla vita. Probabilmente è tutto un po' esagerato.
Le generazioni cambiano e cambia lo sport, ma l’Italia sta vivendo un momento importante in varie discipline. Che aspettative ha sul futuro?
Veniamo da un momento esaltante e ci basta guardare al tennis con Sinner che è stato eccezionale. Ecco, lì si che c’era pressione. Mi ha entusiasmato il risultato, ma soprattutto la tenuta mentale per tante ore di continue sollecitazioni. Questo ragazzo è giovanissimo ed è riuscito a mantenere una tranquillità disarmante, sembra un extra terrestre. Mi auguro che resti così, come lo abbiamo visto in questo periodo. E poi sono stati bravi anche gli altri, perché hanno dato un esempio di squadra, di compostezza e serietà incredibile. Se non avevano pressione loro, chi deve averla? Anche giocando a Torino, in Italia. Io so bene cosa vuol dire giocare a casa tua, non è semplice. Bisogna credere in sè stessi, nel gruppo e in chi ti allena. Questo ti porta a confrontarti seriamente con gli altri.