In un'azienda di Bologna, un dipendente di un call center è stato licenziato per aver pronunciato una bestemmia sul luogo di lavoro, suscitando polemiche e indignazione sindacale. La stessa azienda aveva già fatto parlare di sé due mesi fa, quando un'operatrice era stata licenziata dopo otto anni di servizio per aver utilizzato un linguaggio non appropriato durante una telefonata con un cliente.
Le organizzazioni sindacali, rappresentate da Slc-Cgil, Fistel-Cisl, Uilcom-Uil di Bologna, hanno denunciato il recente licenziamento, decidendo di proclamare uno sciopero di 16 ore insieme alle Rsu.
Così affermano congiuntamente i sindacati in un comunicato.
I rappresentanti sindacali ritengono che, sebbene il comportamento del lavoratore possa essere considerato scorretto, la sanzione del licenziamento sia eccessiva e sproporzionata.
Inoltre, i sindacati contestano il riferimento a una norma penale del 1930 nella contestazione disciplinare, definendolo un passo indietro a periodi di oscurantismo e quando lo Stato era confessionale. Criticano anche il richiamo dell'azienda alla sanzione amministrativa per violazione del Codice penale, sottolineando che la società non dovrebbe sostituirsi agli organi della Pubblica amministrazione.
Questo episodio rappresenta il secondo licenziamento nell'arco di due mesi, alimentando le preoccupazioni sindacali riguardo alla gestione del personale. Nel frattempo, i sindacati hanno recentemente evitato il licenziamento di una terza lavoratrice, la quale è stata sospesa illegittimamente dal lavoro per 15 giorni prima di ricevere una sanzione rappresentante la massima punizione prima del licenziamento.