Autonomia differenziata ed ex Ilva sono i temi preferiti dall'opposizione negli ultimi giorni per attaccare il governo. Ed è quello che fa anche Francesco Boccia, capogruppo del PD al Senato, denunciando i "danni", come lui li definisce, che farà la riforma promossa dal leghista Calderoli, e le bugie dell'esecutivo su Arcelor Mittal.
Opposizione sempre più compatta contro il disegno di legge sull'autonomia differenziata approdato in Senato nella giornata di ieri.
Dopo la manifestazione del Pantheon a Roma, dove si sono ritrovati tutti i leader - da Giuseppe Conte a Elly Schlein, fino a Nicola Fratoianni - la linea dei partiti di opposizione sembra chiara e, soprattutto, univoca. Si denuncia, infatti, una riforma che rischia seriamente di spaccare il Paese, enfatizzando le disuguaglianze che già lo caratterizzano.
Al di là del merito, però, è anche il metodo a scatenare la disapprovazione della minoranza parlamentare. Secondo Francesco Boccia, infatti, la riforma è parte di "uno scambio politico" che "farà solo danni" al Paese.
Uno scambio reso possibile, secondo il capogruppo del Pd al Senato, anche dalla 'debolezza' della Lega di Matteo Salvini, che punta a recuperare consensi al Nord proprio grazie a un'autonomia differenziata in favore delle regioni settentrionali.
La critica più pesante, però, Boccia la rivolge all'assenza di risorse che caratterizza questa riforma del governo Meloni, che non farà altro che provocare danni a livello dei servizi al cittadino.
Boccia è altrettanto duro con l'esecutivo quando affronta la questione dell'ex Ilva.
L'uscita di scena di Arcelor Mittal è vista come l'ennesimo fallimento del governo Meloni in una vicenda ritenuta fondamentale per il sistema industriale italiano. Un fatto che, secondo il capogruppo Pd al Senato, è solo la punta dell'iceberg di mesi di non detti e ambiguità che lasciavano presagire il disastro che poi si è verificato.
Ora Boccia richiede con forza lo stanziamento di un "fondo straordinario di un miliardo" per sostenere l'amministrazione straordinaria, garantendo le imprese creditrici dell'indotto. Una condizione essenziale per evitare un disastro ancora peggiore.