Secondo il procuratore speciale Robert Hur, l'attuale presidente degli Stati Uniti Joe Biden, quando era un privato cittadino, conservò e divulgò volontariamente documenti segreti. Tra questi ci sarebbero state alcune carte riguardanti le azioni militari, la politica estera in Afghanistan e altre questioni di sicurezza nazionale. Tuttavia, secondo l'esperto, il leader non andrebbe incriminato in quanto è un anziano con problemi di memoria". Ma il presidente americano non ci sta e ribatte.
La conclusione a cui è giunto Robert Hur, dopo approfondite analisi ed indagini, è appunto che quando ancora Biden non ricopriva il ruolo di presidente americano, ebbe tra le mani una serie di importanti documenti segreti che diffuse in modo volontario.
Hur ha dunque da un lato criticato la gestione di queste carte top secret – le quali sono state trovate nell'ufficio e in una casa di proprietà di Biden –, ma dall'altro ha scritto nel rapporto che il politico statunitense non dovrebbe essere incriminato alla luce della sua età anagrafica avanzata e di quelli che lui stesso ha definito problemi di memoria.
Nel report a proposito di tale vicenda, il procuratore speciale che ha guidato le indagini ha riferito di aver scoperto delle prove. Queste appunto dimostrerebbero che Biden ha conservato materiale altamente classificato dopo la sua vice presidenza.
Una vicenda simile aveva riguardato anche Donald Trump. Il tycoon, a differenza di Biden, era stato però incriminato dal procuratore speciale Jack Smith.
Nelle 388 pagine di rapporto, Robert Hur ha scritto che gli elementi e le prove rinvenuti dagli investigatori e dagli esperti del settore sembrano dimostrare la colpevolezza del presidente americano in questo senso ma, al tempo stesso, non ha raccomandato alcuna azione penale nei suoi confronti.
Il procuratore ha inoltre affermato che il materiale raccolto non stabilisce che il presidente Usa sia effettivamente colpevole al di là di ogni ragionevole dubbio. Ciò vuol dire insomma che le prove non hanno portato gli esperti a stabilire con certezza la responsabilità di Joe Biden.
Hur ha concluso che l'incriminazione del leader della Casa Bianca non viene così richiesta anche considerate aggravanti e attenuanti. Il riferimento, in particolare, è al fatto che il presidente americano consegnò immediatamente i documenti segreti una volta che questi erano stati trovati dal suo staff, a differenza di Trump.
Nel documento del procuratore Biden viene descritto nel seguente modo:
Lo scorso ottobre c'era stato un colloquio di 5 ore tra i due. A seguito dell'incontro il procuratore aveva stabilito che la memoria del numero uno della Casa Bianca, oggi 81enne, presentava significative limitazioni.
Biden dal canto suo si è detto soddisfatto riguardo alla chiusura del caso e soprattutto del fatto che non ci saranno incriminazioni a suo carico. Ha affermato di aver collaborato con le autorità senza creare ostacoli e ritardi.
Ha ricordato inoltre che l'inchiesta lo ha tenuto impegnato per svariato tempo ed è andata indietro di circa 40 anni. Lui si è sempre detto disponibile e non ha opposto alcuna resistenza, come affermato anche dal procuratore.
Ciò che invece non è affatto andata giù a Biden è stata la descrizione che il procuratore speciale ha fatto di lui. Il consigliere regale del presidente, Richard Sauber, si è detto in disaccordo con alcuni commenti definiti in accurati e non appropriati presenti all'interno del report.
La Casa Bianca non ha affatto digerito le parole di Robert Hur sull’età anagrafica del politico dem e le conclusioni raggiunte a proposito della memoria dello stesso. A novembre il presidente Usa ha compiuto 81 anni.
Joe Biden stesso, rispondendo ad alcuni giornalisti, ha ribattuto affermando che la sua memoria non ha alcun problema. Ha inoltre attaccato direttamente il procuratore speciale, il quale ha sostenuto che il presidente non sembra ricordarsi perfettamente la data della morte del figlio Beau.
A tal proposito il leader americano ha detto: