Come fu ucciso Vittorio Bachelet e perché? Sono solo alcuni degli interrogativi che in tanti ancora si pongono ripensando all'omicidio del giurista, consumatosi il 12 febbraio di 44 anni fa nei pressi della facoltà di Scienze politiche dell'Università La Sapienza di Roma. Un omicidio premeditato e feroce, che sconvolse l'opinione pubblica dell'epoca e che da Pertini fu definito "il più grave d'Italia", perché "diretto contro le istituzioni".
Vittorio Bachelet fu freddato a colpi di pistola nei pressi della facoltà di Scienze Politiche de La Sapienza, dove era docente di diritto amministrativo, il 12 febbraio del 1980. Nato a Roma nel 1926, aveva fatto parte fin da giovanissimo dell'Azione Cattolica, ricoprendo ruoli di vertice grazie al favore di diversi Papi, con il compito di rinnovare l'organizzazione secondo i principi del Concilio Vaticano II.
Dopo la maturità classica si era iscritto a giurisprudenza, laureandosi con una tesi sui rapporti tra lo Stato e le organizzazioni sindacali del tempo e avviandosi alla carriera accademica, portata avanti parallelamente a quella nell'AC fino al 1973, anno del suo ultimo mandato come presidente generale. Al contempo era stato anche direttore capo della rivista di studi politici Civitas, ricoprendo diversi incarichi presso il CIR, il Comitato Interministeriale per la Ricostruzione, e presso la Cassa per il Mezzogiorno.
Iscritto alla Democrazia Cristiana, era molto amico di Aldo Moro. Nel 1976, pochi anni prima di essere ucciso, era stato eletto, inoltre, vicepresidente del Consiglio Superiore della Magistratura come membro "laico", diventando "scomodo" per le organizzazioni estreme di sinistra, che in quegli anni avevano fatto dei magistrati - che rappresentavano lo Stato e le sue istituzioni - un bersaglio privilegiato.
Ad ucciderlo, sparandogli 7 proiettili calibro 32 mentre saliva le scale insieme all'allora assistente Rosy Bindi, furono due militanti delle Brigate Rosse, Annalaura Braghetti (la carceraria di Moro) e Bruno Seghetti, fermati nel 1980 e poi condannati all'ergastolo. Nel corso del suo funerale, il figlio Giovanni, in un discorso ormai famoso si rivolse a loro con queste parole:
Nel giorno del 44esimo anniversario dell'omicidio del giurista, in Piazza dell'Indipendenza, a Roma, si terrà la cerimonia di intitolazione del Palazzo dei Marescialli, storica sede del Consiglio Superiore della Magistratura, a Bachelet, che dal 1976 al 1980 vi prestò servizio come vicepresidente.
L'omicidio di Bachelet seguì di due anni quello di Aldo Moro, ma ne anticipò un altro, quello di Marta Russo, che si sarebbe consumato, sempre nel cuore de La Sapienza, nel 1997. Un omicidio altrettanto feroce, che non ha mai trovato una motivazione.
Era il 9 maggio, lo stesso giorno dell'omicidio del presidente della DC. La studentessa, di 22, stava camminando su un vialetto della città universitaria insieme a dei compagni di corso quando, all'improvviso, fu raggiunta da un proiettile che le penetrò sotto l'orecchio, sprofondando nell'encefalo.
Morì qualche giorno dopo in ospedale. Solo dopo tanti anni sarebbero stati condannati in via definitiva per omicidio colposo e per favoreggiamento Giovanni Scattone e Salvatore Ferraro, due dottorandi dell'Istituto di Filosofia del Diritto, da una delle cui finestre partì il colpo mortale. Perché non si è mai capito, come molti altri aspetti della vicenda, che ancora oggi resta per molti versi avvolta nel mistero.