Un confronto duro, dai toni molto accesi, quello che ha visto protagonista Giuseppe Conte, presidente del Movimento 5 Stelle, contestato apertamente alla manifestazione organizzata a Roma ieri , 25 febbraio 2024, contro la violenza delle forze dell'ordine nei confronti degli studenti di Pisa. I manifestanti hanno accusato Conte - e il Pd - di non fare nulla per fermare la guerra di Israele nella Striscia di Gaza e di essere in piazza solo per scopi elettorali.
Non capita tutti i giorni di assistere a un confronto diretto tra esponenti politici e semplici cittadini. L'abitudine della politica attuale di rintanarsi nelle 'fumose stanze' dei Palazzi o dietro a telecamere e microfoni di media spesso compiacenti e 'addomesticati', la rende impreparata in situazioni simili.
Stavolta è stato il presidente del Movimento 5 Stelle Giuseppe Conte fare le spese di questa impreparazione, ma una sorte non troppo dissimile - ne siamo sicuri - sarebbe toccata ad altri leader di altri schieramenti politici, di maggioranza e opposizione (non ce ne voglia Fratelli d'Italia, che su Instagram ha fatto ironia sulla vicenda, pur esprimendo solidarietà all'avversario politico).
La rabbia è tanta, la pazienza poca e questo mix porta a uno scontro che costringe, inevitabilmente, l'esponente politico in una posizione difensiva e di retroguardia.
L'occasione è venuta dalla manifestazione organizzata ieri, 25 febbraio 2024, a Roma, per protestare contro la violenza brutale delle forze dell'ordine contro gli studenti di Pisa del 23 febbraio. Una protesta pacifica, alla quale partecipavano partiti e associazioni, anche per chiedere il cessate il fuoco nella Striscia di Gaza e in Ucraina.
Proprio su questo punto è scattata la contestazione a Conte, da parte di alcuni manifestanti che accusavano il suo partito di non aver mosso un dito contro l'operazione militare di Israele.
Conte ha provato a replicare, citando gli atti parlamentari con cui M5S ha portato a proporre una linea che porti alla fine delle ostilità, ma la difficoltà del confronto era evidente, con i manifestanti che gli impedivano di argomentare le proprie posizioni.
La polemica è andata avanti anche su altri argomenti, con il leader Cinquestelle costretto a rispondere anche sulla sua azione nel governo precedente, presieduto da Mario Draghi e appoggiato da M5S e Partito democratico.
Come, ad esempio, il salario minimo, oggi bandiera dell'opposizione che, però, quando era in maggioranza, non ha fatto nulla per approvarlo.
La contestazione assume i toni di un attacco generalizzato alla politica tutta quando uno dei manifestanti ricorda altri episodi di violenza delle forze dell'ordine, avvenuti nel silenzio degli stessi esponenti di partito che oggi scendono in piazza per, sostiene, pura convenienza elettorale.
"La sua democrazia mi ha aperto la testa".
E dentro a questa frase ci sono tutti, da Conte alla Meloni, dalla Schlein a Zingaretti e Gualtieri. Tutti uguali, tutti sullo stesso piano, tutti colpevoli perché esponenti di quella "loro" democrazia in cui il manifestante - ma chissà quanti altri con lui... - non si riconosce più.
Il confronto di Roma permette di fotografare quel distacco tra politica e cittadini di cui tanto si parla e si scrive, quasi sempre con supponenza e colpevole disinteresse, senza mai soffermarsi sulla drammaticità che questo rappresenta per la nostra - sì, nostra - democrazia.
Cittadini che non trovano rappresentanza nella politica, che la vedono come un nemico - a prescindere dal colore politico dell'esponente che hanno di fronte - sono un campanello d'allarme che andrebbe tenuto in seria considerazione e indurre a una riflessione. Che riguarda tutti, dai temporanei portavoce dello Stato - gli esponenti di partito - ai media, che gli fanno da megafono, che titolano sulle loro esternazioni più 'colorite', perché magari fanno più 'click' dei problemi che le generano. Problemi, quelli sì, che riguardano davvero la gente comune.