Era il 16 marzo 1978 quando Aldo Moro, il maggior esponente della Democrazia Cristiana, fu vittima di un sequestro. A rapire il famoso politico italiano furono membri delle Brigate Rosse. Fu il momento più drammatico della cosiddetta Strategia della tensione e degli Anni di Piombo. Dopo 55 giorni, il suo cadavere venne fatto ritrovare nel bagagliaio di un'automobile.
Aldo Moro, leader della DC e già presidente del Consiglio dei Ministri per ben 5 volte, fu sequestrato durante quella che doveva essere una normale giornata di marzo a Roma. Intorno alle 9 del mattino, un commando delle Brigate Rosse uccise le sue 5 guardie del corpo in via Mario Fani.
Gli stessi rapirono, nel giro di breve tempo, il presidente democristiano.
La scelta della data non fu casuale. Quel giorno il parlamentare avrebbe votato la fiducia al quarto governo Andreotti, che per la prima volta nella storia avrebbe avuto l'appoggio del Partito comunista italiano.
Non appena si diffuse la notizia del sequestro, scapparono i primi blocchi stradali e le prime frenetiche ricerche. La macchina dei rapitori fu trovata non lontano dal luogo in cui era avvenuta la tragedia.
Nel frattempo in tutta Italia operai, studenti e semplici cittadini scesero in piazza a manifestare contro il terrorismo che in quegli anni stava mettendo in ginocchio l'Italia.
Uscirono edizioni straordinarie dei giornali che annunciavano appunto il sequestro dell'ex premier e l'uccisione degli uomini della sua scorta.
Furono radunate in fretta tutte le principali personalità politiche. Nemmeno due ore dopo l'accaduto, l'allora ministro Francesco Cossiga tenne una riunione molto importante al Viminale per la gestione della crisi.
Intorno alle 12 di quella stessa giornata, le autorità diffusero schede segnaletiche di 16 presunti rapitori. Scattò il panico generale.
Il 19 marzo venne pubblicata su tutti i giornali la prima fotografia di Aldo Moro vittima del sequestro. In primo piano c'era il politico e dietro la bandiera delle Brigate Rosse, responsabili del gesto.
Insieme vi era il primo di una serie di comunicati firmato dagli stessi rapitori del politico democristiano.
Nel frattempo, l'opinione pubblica era estremamente scossa. Furono migliaia e migliaia gli appelli per il rilascio dell'ex primo ministro italiano. Si mossero personaggi di fama mondiale, il Papa e milioni di persone. Tutti gli appelli andarono però tutti a vuoto.
Le Brigate Rosse annunciarono che il politico doveva essere sottoposto al tribunale del popolo. Nei giorni di prigionia, l'organizzazione terroristica di estrema sinistra lo sottopose ad un interrogatorio.
Il verdetto fu uno solo: Aldo Moro era colpevole. Pertanto venne condannato a morte. Lo annunciarono le stesse BR tramite un comunicato ufficiale che poi mandarono ai principali esponenti politici italiani, al giornali e ai cittadini.
In totale il sequestro di Aldo Moro durò 55 giorni, durante i quali le autorità, i politici e i semplici cittadini si diedero da fare. Le indagini non portarono però a nulla.
Furono fatti decine di migliaia di posti di blocco, così come perquisizioni domiciliari, ispezioni di autoveicoli e molto altro ancora. In tutta Italia sei milioni di persone furono controllate, di cui la maggior parte a Roma.
Si aprì inoltre un grande dibattito sulla possibilità di trattare per la liberazione dell'ostaggio. L'opinione pubblica si divise in due. Da una parte c'era chi voleva il rilascio dell'ex presidente del Consiglio dei ministri, dall'altra c'era chi non voleva far prevalere l'organizzazione terroristica di sinistra.
Il 9 maggio 1978 fu fatto trovare il cadavere di Aldo Moro nel bagagliaio di una Renault 4 rossa in via Caetani. La polizia rinvenne il suo corpo rannicchiato sotto una coperta. Fu ucciso con 11 proiettili al petto.
Anche il luogo in cui fu lasciato il corpo del politico democristiano non fu casuale. I terroristi parcheggiano la macchina a circa 150 metri dall'allora sede del PCI e a 200 da quella della DC.