Si chiamavano Vincenzo Nocerino e Vida Shahvalad, i due ragazzi trovati morti in un box auto di Secondigliano, nella periferia nord di Napoli, poco dopo le 9.30 di ieri mattina, 16 marzo, dal padre del primo. Sembra che si fossero appartati tenendo acceso il motore dell'auto per scaldarsi. L'ipotesi è che ad ucciderli siano state le esalazioni di monossido di carbonio sprigionate dalla vettura.
A dare l'allarme, dopo aver scoperto i corpi senza vita dei due ragazzi in un box auto della traversa Fossa del Lupo di Secondigliano, nella periferia napoletana, era stato il padre di Vincenzo, Alfredo, che con lui condivideva un appartamento che dista solo qualche metro dal posto.
Stando a quanto ricostruito finora, Nocerino e Shahvalad, di 24 e 20 anni, potrebbero essere morti a causa delle esalazioni di monossido di carbonio sprigionate dall'auto del giovane, che avevano tenuta accesa per scaldarsi.
Sembra che si fossero appartati nel garage, chiuso e senza aerazione, dopo aver trascorso insieme la serata del 15 marzo. La loro era una storia come tante: spesso litigavano, ma poi facevano pace e tornavano insieme.
Si erano conosciuti da un po': Vincenzo, per tutti "Enzo", era figlio unico e, dopo la morte della madre, era stato cresciuto dal padre, a cui sembra fosse legatissimo.
gli scriveva sui social. Lavorava come webdesigner, ma aiutava anche l'uomo nella pizzeria del quartiere Fuorigrotta di cui era socio. Vida era di quattro anni più giovane. Di origini iraniane, con la sua famiglia viveva a Caserta, ma a Napoli frequentava l'università.
Di recente avevano avuto una discussione; poi la decisione di rivedersi e di appartarsi all'interno della Fiat Panda rossa del ragazzo. Decine di persone, ieri, dopo aver appreso la notizia della loro morte, si erano riversati in strada per capire cosa fosse successo.
"Enzo non fumava, andava in palestra, studiava e aiutava il padre [....], era un ragazzo d'oro", ha riferito qualcuno al Corriere della Sera. Altri hanno raccontato di come il telefono della sua fidanzata abbia continuato a squillare ininterrottamente per almeno un quarto d'ora, dopo l'arrivo dei soccorsi: a chiamarla, forse, era la madre.
La morte per soffocamento di Vincenzo e di Vida ricorda quella, altrettanto tragica, dei tre bambini morti insieme alla madre nel loro appartamento di via Bertocchi, a Bologna. I fatti risalgono alla tarda serata del 14 marzo scorso.
Stefania Alexandra, di 32, aveva messo a letto i suoi figli di 6 e 2 anni tenendo accesa una stufetta elettrica sul comodino della stanza perché l'impianto di riscaldamento centralizzato condominiale era guasto quando, secondo le ricostruzioni, da un corto circuito del calorifero o della presa elettrica a cui era collegato sarebbe partito un incendio che in poco tempo, a causa del monossido di carbonio sprigionato, li avrebbe uccisi tutti.
Ad accorgersi dell'accaduto, dando l'allarme, era stato un residente che aveva notato del fumo provenire dall'abitazione, ma l'intervento dei soccorsi era servito a poco. L'ex marito della donna, il padre dei tre bambini, arrivando sul posto aveva accusato un malore. Ora si dice disperato. In tanti gli hanno promesso che faranno tutto il possibile per aiutarlo a superare la disgrazia che lo ha colpito, simile a quella che ha colpito Alfredo Nocerino, che dopo aver perso la moglie ha perso anche il figlio.