È diventata definitiva la condanna a 16 anni e 4 mesi di reclusione per Andrea Iavarone, reo confesso dell'omicidio di Chiara Gualzetti, morta all'età di 15 anni il 27 giugno del 2021 a Monteveglio, in provincia di Bologna: non è stata impugnata in Cassazione la sentenza con cui il giovane, all'epoca dei fatti minorenne, era stato condannato sia in primo che in secondo grado.
Andrea Iavarone, 19 anni, era accusato di omicidio volontario aggravato dalla premeditazione, dai futili motivi e dalla minore età della vittima, ma anche del porto abusivo dell'arma con cui il 27 giugno del 2021 uccise la 15enne Chiara Gualzetti dopo averla attirata in una trappola nei pressi dell'abbazia di Monteveglio, in provincia di Bologna.
Un omicidio di "inaudita furia", secondo il gip del tribunale per i minori che convalidò il fermo del ragazzo, che negli anni non avrebbe mostrato alcun segno di pentimento. Stando alla ricostruzione, il giorno del delitto diede appuntamento all'amica dicendole che avrebbero fatto una passeggiata e poi, cogliendola di sorpresa, l'avrebbe colpita con calci e pugni e con un coltello fino a lasciarla inerme.
Ne nascose anche il corpo in un terreno: quando fu ritrovato e lui finì in manette, incolpò dell'accaduto un demone, "Samae", sostenendo che fosse stato lui a spingerlo ad uccidere. Gli esperti che lo hanno visitato in carcere hanno messo in luce la sua personalità "fortemente disturbata, ma lucida e pienamente capace di intendere e di volere".
Dopo la mancata impugnazione della sentenza d'appello con cui il 20 marzo di un anno fa gli erano stati riconosciuti 16 anni e 4 mesi di reclusione, la sua condanna è diventata definitiva. Una buona notizia per il papà della vittima, che dopo la morte della moglie è rimasto solo nel cammino verso la giustizia.
"Mi hanno detto che è la pena massima per un minorenne in questi casi - ha riferito Vincenzo Gualzetti al Resto del Carlino -, non so se sia vero. Almeno mi auguro che quella condanna la sconti per intero visto quello che ha fatto. Credo sia il minimo sindacale, anche perché non si è mai pentito e non ha mai chiesto scusa".
Il papà di Chiara ha anche messo in evidenza come, secondo lui, le pene per i minori che si macchiano di omicidio siano troppo "morbide". È ciò che pensano anche i familiari di Michelle Causo, la 16enne uccisa nel quartiere Primavalle di Roma il 28 giugno dello scorso anno.
Il killer, un 17enne bengalese, è da poco finito a processo con rito abbreviato e in caso di condanna avrà diritto a uno sconto di un terzo della pena. Secondo la Procura per i minori uccise la ragazza, abbandonandone il corpo accanto a dei cassonetti per l'immondizia dopo averlo trasportato con un carrello, chiuso in dei sacchi neri, al culmine di una lite.
Sul movente, però, non è mai stata fatta chiarezza. Stando alla sua versione, avrebbe reagito a una minaccia di Michelle, a cui doveva dei soldi per una compravendita di droga. Ma è una versione a cui gli inquirenti non hanno mai creduto. Anche lui, come Iavarone, non ha mai mostrato segni di pentimento; anche lui, come Iavarone, con ogni probabilità premeditò il brutale delitto di cui si è macchiato. Coloro che conoscevano Michelle si aspettano verità e giustizia.