Infezioni ospedaliere, allerta in tutta Europa per l'aumento di queste patologie che spesso comportano conseguenze gravi, specialmente in pazienti già deboli e fragili. Sotto inchiesta soprattutto i reparti maternità e quelli di lungo degenza dove, solo in Italia, si registrano 430mila casi ogni anno.
Vediamo cosa si può fare per prevenire questo problema, quali sono i batteri più pericolosi e i fattori di rischio.
Le infezioni ospedaliere uccidono il doppio rispetto agli incidenti stradali. Negli ultimi 15 anni sono aumentate arrivando 4,3 milioni di casi l'anno in tutta Europa, di cui 430mila in Italia, provocando circa 11mila morti, con costi per il servizio sanitario nazionale che arrivano ai 7 miliardi di euro l'anno.
Il nostro paese è secondo solo alla Germania come numero di pazienti infettati. I dati statistici sugli anni 2022-2023, pubblicati dall'European Centre for Disease Prevention and Control hanno fatto, ormai da qualche anno scattare una vera e propria allerta a livello internazionale per cercare di prevenire il problema, aggravato anche dal recente allarme relativo all'aumento delle somministrazioni di antibiotici, dalla resistenza ai farmaci e dalla comparsa di nuovi virus e ceppi batterici come ad esempio il Covid-19.
Le più frequenti conseguenze riguardano le complicazioni dovute al decorso post operatorio, come ferite chirurgiche e microorganismi legati agli interventi. Anche la scarsa igiene e le condizioni dei reparti però giocano un ruolo importante. Soprattutto dove sono ricoverati soggetti con difese immunitarie già indebolite.
In base alle statistiche che hanno preso in esame 1623 ospedali europei, i pazienti più a rischio e più frequentemente colpiti dalle infezioni ospedaliere sono: bambini, anziani e soggetti da poco sottoposti ad interventi chirurgici, comprese le ferite post parto.
Il pericolo aumenta soprattutto in base ai tempi di ricovero, e spesso coinvolge anche i familiari dei pazienti, i visitatori dei reparti ed il personale sanitario. Preoccupante anche l'aumento dei microrganismi che sono resistenti ai comuni antibiotici.
Un fenomeno in aumento che sta contribuendo notevolmente alla diffusione di infezioni che non risultano semplici da debellare. Le più comuni zone di contagio sono quelle più esposte agli agenti batterici, come ad esempio le vie urinarie, le vie respiratorie e le ferite chirurgiche. Nei reparti neonatali e in rianimazione invece sono molto frequenti le infezioni sistemiche, purtroppo spesso causa di sepsi e decessi.
Tra i batteri che più colpiscono i pazienti ricoverati per medi e lunghi periodi in ospedale, ci sono i microorganismi definiti Gram negativi, responsabili soprattutto di infezioni gastrointestinali, urinarie o polmoniti.
I più comuni sono: L' Escherichia coli, Klebsiella pneumoniae, Pseudomonas aeruginosa, e tra i Gram positivi il più diffuso è lo Stafilococco Aureo. No mancano però i casi associati anche a virus, infezioni fungine sistemiche o altri tipi di germi che risultano difficili anche da curare.
Come conferma la recente emergenza scattata all'ospedale Borgo Trento di Verona, dove al reparto maternità si stanno registrando casi di infezioni nei bambini nati prematuri che sono positivi al Citrobacter. Un agente patogeno che colpisce vari organi e in soggetti con difese immunitarie deboli, se non curato tempestivamente può portare alla setticemia.
Le infezioni ospedaliere sono nella maggior parte dei casi provocate da una scarsa igiene, da interventi chirurgici e dall'uso intensivo di strumenti medici come cateteri e procedimenti invasivi come l'intubazione.
Secondo le linee guida dell'Istituto Superiore di Sanità, almeno il 50% delle epidemie nei reparti potrebbe essere evitata adottando i comportamenti corretti. Principalmente mantenendo un ottimo livello di disinfezione in tutti i reparti e facendo rispettare le regole anche ai visitatori.
Molto importante ad esempio è il lavaggio frequente delle mani. Per quanto riguarda la prevenzione delle infezioni post operatorie invece, è fondamentale che gli operatori sanitari adottino pratiche di disinfezione della cute con sostanze antimicrobiche in soluzione sterile prima delle incisioni oltre ad una corretta tricotomia del sito chirurgico, effettuata direttamente in ospedale, evitando pratiche "fai da te" che possono essere controproducenti.