Quella per la moralità della politica è una battaglia che Maurizio Landini porta avanti da molto tempo e torna ora alla ribalta dopo l'arresto di Giovanni Toti, presidente della Regione Liguria, con la pesantissima accusa di corruzione. Il leader della Cgil torna nuovamente all'attacco sulla questione ospite a 'Dimartedì', programma di La7 condotto da Giovanni Floris, e non mancano nuove frecciate contro il governo di Giorgia Meloni...
Maurizio Landini riprende il suo ruolo di fustigatore della politica italiana, della quale è ormai un assoluto protagonista. Lo fa con il solito temperamento viscerale attraverso le telecamere e i microfoni di 'Dimartedì', il programma di La7 condotto da Giovanni Floris.
L'argomento è il tema di giornata della politica italiana: l'arresto di Giovanni Toti, presidente della Regione Liguria, accusato di corruzione.
L'ennesimo arresto di un politico italiano che, agli occhi del segretario Cgil, va a peggiorare una situazione già grave, in merito al distacco esistente tra cittadini e politica.
Landini si fa interprete del malcontento della gente comune quando afferma "siamo stanchi" e dice chiaramente che "deve esserci un elemento di ricostruzione della moralità" nel sistema politico italiano.
Una critica che si allarga quando il sindacalista viene sollecitato sulla questione al centro del suo impegno quotidiano: quella del lavoro.
In particolare, quando gli viene chiesto un commento sull'ennesimo capitolo della strage sul lavoro (come la definisce Landini, perché non più di semplici incidenti si può parlare), avvenuto a Casteldaccia, in provincia di Palermo, con la morte di cinque operai.
Il segretario della Cgil ricorda che sul lavoro in Italia muoiono ormai "tre persone al giorno", vittime non di casualità ma di un sistema legislativo che, per Landini, è il vero responsabile delle loro morti.
Landini attacca di nuovo la politica, che alle condoglianze di rito non fa seguire interventi legislativi appropriati per intervenire prontamente su questa emergenza. Un attacco che si aggiunge a quello, conclusivo, sul bonus del governo Meloni di 100 euro previsto per gennaio 2025 e che il segretario definisce, senza mezzi termini, "una pura marchetta elettorale".