29 May, 2024 - 11:04

Strage dell'Heysel, 29 maggio 1985: quanti morti nella finale finale di Coppa dei Campioni tra Juve e Liverpool, chi erano le vittime? La commovente storia di Andrea Casula e Roberto Lorentini

Strage dell'Heysel, 29 maggio 1985: quanti morti nella finale finale di Coppa dei Campioni tra Juve e Liverpool, chi erano le vittime? La commovente storia di Andrea Casula e Roberto Lorentini

Ricorre oggi l’anniversario della strage accaduta dentro lo stadio Heysel di Bruxelles il 29 maggio 1985 che ha causato 39 morti di cui 32 italiani.

Poco prima della finale di Coppa dei Campioni tra Juventus e Liverpool, 39 persone morirono a causa del crollo del muro che delimitava il settore Z dello stadio. Il crollo però non fu accidentale, bensì venne causato dalla fuga di alcuni tifosi italiani assaliti dagli hooligans inglesi.

Strage Heysel 1985 morti: cosa è successo

Quella sera allo stadio Heysel di Bruxelles milioni di tifosi attendevano l’inizio della partita prevista per le 20.15 tra Liverpool e Juventus.

Circa un'ora prima del fischio di inizio, intorno alle 19:20, i cosiddetti hooligan, ovvero i tifosi inglesi più il accesi e violenti, cominciarono a spingersi verso il settore Z dello sfondando le reti divisorie.

Gli inglesi, dopo la strage, raccontarono di aver caricato più volte i tifosi juventini e i semplici spettatori che impauriti e senza aver ricevuto aiuto da parte delle forze dell'ordine belghe arretrarono ammassandosi contro il muro opposto al settore della curva occupato dai sostenitori del Liverpool.

Nella grande calca che in pochissimo tempo si creò, alcuni di loro si lanciarono nel vuoto per evitare di rimanere schiacciati. Altri cercarono di scavalcare gli ostacoli ed entrare nel settore adiacente, altri ancora si ferirono contro le recinzioni pur di mettersi in salvo.

Il muro a un certo punto però non resse più e crollò per il troppo peso e così numerose persone rimasero schiacciate, calpestate dalla folla e uccise nella corsa verso l’uscita dello stadio.

Solo dopo più di mezz'ora, un squadra mobile della polizia belga, che inizialmente si trovava fuori dallo stadio giunse al suo interno per ristabilire l'ordine. La scena che si presentò davanti agli agenti fu quella del caos più totale, con spalti invasi da frange inferocite di tifoseria bianconera e persone in fuga.

In tutto si contarono 39 morti e oltre 600 feriti. Le autorità e i dirigenti UEFA infatti decisero di far giocare quella stessa sera le due squadre per evitare enormi disagi pubblici e tensioni con un nuovo incontro andando anche contro il parere della società torinese.

Le due squadre scesero infatti in campo intorno alle 21:40, circa un'ora e venticinque minuti dopo quello che doveva essere l'orario stabilito. La partita terminò con il risultato di 1-0 per la Juventus, che si laureò campione d'Europa per la prima volta nella sua storia.

La storia di Andrea Casula e Roberto Lentini

Tra le vittime di quella tragica serata del 1985 c’era anche il piccolo Andrea Casula, di 10 anni originario di Cagliari e tifoso della Juventus.

Nella calca della folla il piccolo Andrea rimase schiacciato perdendo i sensi mentre le persone continuavano a spingere e correre per scappare da quello stadio. Il suo destino però ad un certo punto si incrociò con quello di Roberto Lorentini un medico originario di Arezzo che all’epoca aveva 31 anni e padre di due bambini. L'uomo era già salvo, ma vedendo il piccolo Andrea inerme a terra e in difficoltà decise di tornare indietro per cercare di salvarlo. Proprio mentre il medico effettuava un massaggio cardiaco al bambino i due vennero nuovamente calpestati.

Alla fine delle indagini e delle ricostruzioni di quella terribile sera, 12 hooligan sono stati condannati al carcere per i disordini allo stadio.

La federazione belga, la Uefa e il Belgio hanno risarcito le famiglie delle vittime. Parte del risarcimento arrivò dallo stato italiano e da quello inglese.

Oggi, all'interno dello stadio Heysel c’è una targa che ricorda le vittime della tragedia del 29 maggio. Roberto Lorentini, invece, il medico che tentò invano di rianimare Andrea Casula prima di morire, ricevette la medaglia d’argento al valore civile.

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Valentina Todaro
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