È giallo sulle condizioni di Giacomo Passeri, il 31enne di Pescara in carcere in Egitto da quasi un anno. La Farnesina, infatti, ha rassicurato i familiari affermando che "sta bene".
Ma i suoi fratelli, che da mesi ricevono lettere disperate dal ragazzo, vogliono chiarezza sulla reale situazione che sta vivendo. Esprimendo non pochi dubbi sugli ultimi aggiornamenti ricevuti.
"Secondo quanto riferito dal console, sembra che essere rinchiusi in carcere in Egitto sia simile ad andare in villeggiatura" racconta il fratello Andrea Passeri a TAG24. "Diventa quindi ancora più urgente trovare un modo per comunicare direttamente con Giacomo" sottolinea.
Il console italiano in Egitto ha fatto visita a Giacomo Passeri 3 giorni fa, lo scorso 16 luglio. Il sottosegretario agli Affari esteri Giorgio Silli ha poi dato notizie sul caso in aula, rispondendo a un’interrogazione parlamentare del deputato di Alleanza Verdi e Sinistra Marco Grimaldi.
ha dichiarato.
Una versione che non convince i suoi familiari. "Tutto questo ci sembra molto strano perché noi riceviamo da 11 mesi messaggi disperati. Invece, da quello che afferma il console, conviene quasi andare lì in vacanza" afferma Andrea Passeri.
"Diventa ancora più urgente riuscire a trovare un modo per parlare direttamente con Giacomo, perché questa risposta non ci sembra logica".
Non c'è stato alcun riscontro alla richiesta, inoltrata tempo fa alle autorità egiziane, per una visita in carcere da parte di un altro fratello, Marco Antonio. I familiari sono stati avvisati dell'incontro con il console due giorni prima: avrebbero potuto partecipare. Ma il preavviso, per loro, non era sufficiente per riuscire a organizzarsi.
C'è però anche un altro motivo se Andrea Passeri ha rinunciato: la paura di 'ritorsioni' da parte dell'Egitto.
Andrea Passeri racconta del suo timore di essere 'incastrato' come ritiene sia successo a Giacomo. "Io non sono la persona più adatta per fare questo viaggio" sottolinea Andrea Passeri. "Abbiamo paura di 'rappresaglie' nel momento in cui mi dovessi recare in Egitto".
Per questo stesso motivo, spiega, ha rinunciato a rivolgersi ad associazioni che si occupano di diritti umani. "Contatti egiziani mi hanno sconsigliato di farlo per non peggiorare la situazione, dato che il Paese non 'gradisce' interferenze di questo tipo".
Crescono le preoccupazioni anche in merito all'udienza per il processo a Giacomo- fermato con una piccola quantità di marijuana, per uso personale, ma accusato di traffico di stupefacenti- che si dovrebbe tenere il 19 agosto 2024.
"Pochi giorni prima della seconda udienza, l'incontro con l'avvocato è stato rimandato perché cadeva in occasione di una festività. Dopo aver fissato una data, se ne sono accorti all'ultimo momento. Dopodiché hanno posticipato l'udienza di tre mesi. Purtroppo ci aspettiamo che possa succedere ancora".
Ora i familiari di Giacomo aspettano da parte del ragazzo altre lettere. Nell'attesa di poter sentire la sua voce.