Nemmeno la pioggia può nulla contro la rabbia e la frustrazione. Quella delle lavoratrici e dei lavoratori di Stellantis e delle aziende a essa correlate, scesi in piazza oggi, 18 ottobre 2024, a Roma, per la manifestazione indetta da tutti i sindacati.
Un'unità ritrovata dopo qualche tempo, che la dice lunga sulla gravità della situazione in cui versano gli operai del settore automotive italiano, diventati gli 'agnelli sacrificali' di una transizione energetica non governata dalla politica e sfruttata dalle imprese per giustificare una crisi drammatica quanto evitabile.
Sono le 'tute blu' , infatti, a pagare finora il prezzo più alto, con la cassa integrazione per gli operai degli stabilimenti di Pomigliano d’Arco, Termoli e Pratola Serra, per lo stop alla produzione decisa dall'azienda, al pari di quanto già accaduto a Mirafiori.
In 20mila si sono radunati oggi nella Capitale, con Cgil, Cisl e Uil che, insieme alle sigle dei metalmeccanici Fiom, Uil e Fim-Cisl, promettono battaglia rivolgendosi anche al governo, colpevolmente assente oggi, chiedendogli di convocarli con urgenza a Palazzo Chigi insieme al presidente di Stellantis John Elkann.
Il corteo è partito da Piazza Barberini per poi dirigersi verso Piazza del popolo, tra cori contro Stellantis e il suo amministratore delegato Carlos Tavares, reduce pochi giorni fa da un'accesa audizione alla Camera che ha provocato le ire dell'opposizione.
E proprio i leader del centrosinistra sono gli unici rappresentanti politici presenti nel corteo, a fronte di un governo la cui assenza non è passata inosservata tra i lavoratori. Da Schlein a Calenda, da Conte a Fratoianni, tutti parlano di "disastro industriale e sociale" che è necessario scongiurare.
Una sciagura che, per Maurizio Landini della Cgil, non è causata da una fatalità ma dal "rischio concreto questo passaggio di trasformazione produttiva (la transizione ecologica, n.d.r.) venga utilizzato per cancellare posti di lavoro e per indebolire il nostro sistema industriale".
?Giornata di #sciopero del settore automotive e di manifestazione nazionale a Roma: Fim Cisl, Fiom Cgil e Uilm Uil si mobilitano insieme, sotto lo slogan Cambiamo marcia: acceleriamo verso un futuro più giusto
— CGIL Nazionale (@cgilnazionale) October 18, 2024
Scioperiamo uniti per il futuro del Paese! pic.twitter.com/F5RHDMR0ff
I segnali ci sono tutti, ravvisa il leader Cgil con i cronisti presenti, tra cui l'inviato di TAG24 Lorenzo Brancati, riscontrabili nei processi di chiusura che "sono già partiti" e che bisogna bloccare. A questo scopo, Landini si rivolge direttamente a Giorgia Meloni:
Un intervento dell'esecutivo invocato anche da Luigi Sbarra della Cisl che definisce la manifestazione unitaria di oggi "un grido di allarme" da parte di un settore in ginocchio, per chiedere con urgenza un piano industriale che abbia l'obiettivo di rispettare gli impegni presi e, soprattutto, di "salvaguardare e tutelare tutti i posti di lavoro diretti e dell'indotto".
Pierpaolo Bombardieri della Uil interpreta, invece, la voce della rabbia che ne ha per tutti, da Stellantis al governo. Più che al futuro guarda, infatti, al passato, ricordando quante promesse sono state disattese, sulla pelle dei lavoratori:
Anche le sigle sindacali dei metalmeccanici animano il corteo di Roma, con lo sdegno che si mischia allo sconforto per un'incertezza che, finora, non ha trovato spiragli di soluzione. Né da Stellantis né dal governo, alla cui leader manda un messaggio forte e chiaro il segretario della Fiom Michele De Palma, accusandola di esser stata "troppo in silenzio" e unendosi al coro di chi, dal corteo, chiede una convocazione risolutiva dell'azienda a Palazzo Chigi.
Più amaro, invece, l'intervento di Rocco Palombella della Uilm, quando ricorda gli stabilimenti da tempo in cassa integrazione. Conseguenza, anche per lui come per Landini, di "una transizione che è stata affrontata in modo sbagliato, sia da parte dell'Unione europea, sia da parte del governo italiano".
Infine, Ferdinando Uliano della Fim-Cisl, prende di mira proprio l'Unione europea, "che sta zitta" mentre un settore "che rappresenta più dell'11% della ricchezza" con "oltre 270 mila posti di lavoro" rischia il collasso. Perché, sottolinea, la transizione all'elettrico ha fatto sì che le produzioni cinesi potessero aggredire e distruggere i grandi colossi d'Europa, citando la contemporanea crisi delle case automobilistiche tedesche.
Uliano chiude con una 'stoccata' agli attuali interessi industriali dei Paesi dell'Ue:
Un piano industriale che è anche, se non soprattutto, una critica politica.