Blindare l’operazione Albania dal punto vista giuridico. E’ il motivo principale che ha spinto il Governo Meloni a scrivere e approvare in tempi record un decreto legge in cui vengono messi per iscritto – nero su bianco – i 19 paesi considerati sicuri per il rimpatrio dei richiedenti asilo irregolari che giungono sulle coste italiane e destinati ad essere trasferiti nei centri per migranti in Albania.
Un decreto che si inserisce, inasprendola, nella polemica politica e che porta a un livello successivo lo scontro tra Governo e magistratura che, negli ultimi giorni, ha raggiunto momenti di altissima tensione dopo la decisione dei giudici della sezione migranti del Tribunale di Roma di riportare in Italia i 12 richiedenti asilo trasferiti a inizio della scorsa settimana nell’hotspot di Shengjin, uno dei due Cpr italiani in territorio albanese costruiti a seguito del protocollo sui migranti stipulato tra il nostro governo e quello guidato da Edi Rama.
Alla base della decisione dei magistrati capitolini vi era il fatto che i migranti provenissero da paesi considerati non sicuri per il rimpatrio, ovvero Egitto e Bangladesh. La provenienza dei migranti da paesi cosiddetti ‘sicuri’ infatti è uno dei presupposti necessari previsti dal protocollo per i trasferimenti in Albania.
Il ‘Decreto Paesi Sicuri’ blinderebbe da possibili nuove sentenze avverse i prossimi trasferimenti di richiedenti asilo negli hotspot albanesi, salvando dal ‘fallimento’ l’operazione Albania su cui il Governo Meloni ha messo la faccia, non solo in Italia ma anche e soprattutto in Europa.
Per comprendere la necessità dell’introduzione della nuova norma e soprattutto della nuova lista di paesi considerati sicuri – che sono 19 – ma soprattutto per comprendere le ragioni della fretta del Governo bisogna fare una premessa relativa alla definizione dei paesi sicuri in Italia.
Prima del decreto approvato ieri – lunedì 21 ottobre 2024 – in Consiglio dei Ministri, l’elenco dei paesi sicuri (che erano 22) era contenuto in decreto interministeriale del Ministero degli Esteri. Con l'approvazione del nuovo decreto tale elenco (modificato e aggiornato) è diventato una norma primaria, ovvero, una legge dello Stato.
Perché questo passaggio è fondamentale? Perché lo status di norma primaria consentirebbe di superare nella gerarchia delle norme le indicazioni della Corte di Giustizia Europea, cosa che il decreto interministeriale non consentiva.
La questione diventa più chiara se si considera che i giudici del Tribunale di Roma nella loro sentenza hanno fatto riferimento proprio a una sentenza della Corte di Giustizia Europea, quella del 4 ottobre 2024, scavalcando – nella determinazione dei paesi sicuri – quanto disposto nel decreto interministeriale italiano. Insomma nella gerarchia delle norme, la norma europea aveva un peso maggiore rispetto a quella italiana. Il nuovo decreto del Governo interviene proprio per modificare tale stato di cose.
Con il nuovo decreto varato dal Consiglio dei Ministri la legge italiana non dovrebbe più ‘essere scavalcata’ da quella europea, ‘blindando’ così i prossimi trasferimenti e di conseguenza salvando l’intera operazione.
Secondo il viceministro alla Giustizia Francesco Paolo Sisto l’approvazione del decreto da parte dell’esecutivo sarebbe stato un atto di responsabilità.
Dichiara Sisto che, però con un accento polemico, sottolinea la necessità di leggere con attenzione le sentenze della Corte Europea.
È invece il commento del senatore della Lega, Massimiliano Romeo.
Di diverso avviso naturalmente le opposizioni di centrosinistra per le quali l’intera operazione Albania si è rivelata un costoso pasticcio che il Governo sta provando a mascherare con polemiche e ‘operazioni propagandistiche’.
Il leader di Avs Nicola Fratoianni ha sottolineato il tentativo del Governo Meloni di correre ai ripari per evitare ‘la più grande figuraccia degli ultimi decenni.
Una norma che non avrà nessun effetto concreto se non quello di esacerbare ulteriormente lo scontro con la magistratura è invece l'analisi del segretario di +Europa Riccardo Magi.