Il dibattito sulla riforma della governance Rai è ancora alle battute iniziali, ma al termine degli Stati Generali del servizio pubblico, che hanno visto confrontarsi per due giorni in Senato esponenti politici e di governo, giornalisti ed esperti del settore, sono emersi alcuni elementi in comune sui quali le forze politiche potrebbero convergere. Ad elencarli, a conclusione dell'evento, è stata la presidente della Commissione di Vigilanza, Barbara Floridia, che ha promosso l'iniziativa. "Siamo tutti d'accordo che il servizio pubblico serve - ha riepilogato -. Forse bisognerebbe ragionare sulla sua natura giuridica e questo è un elemento di novità da mettere sul tavolo. Il Parlamento va posto al centro per garantire una rappresentanza di pluralità, purché non sia l'esecutivo di turno a decidere. Serve un cda che duri più di tre anni e risorse stabili che vengano dal canone o dalla fiscalità generale. Occorre trovare un veicolo per renderle durature e un'idea potrebbe essere inserire un ammontare mimino nella concessione. Investire sul digitale, infine, è assolutamente urgente per aiutare la Rai a diventare una digital media company". "Speriamo che questo sia solo l'inizio", ha aggiunto nella consapevolezza che la strada è ancora lunga.
Nella Commissione VIII del Senato sono state incardinate sette proposte di modifica, il mese prossimo dovrebbero iniziare le audizioni e poi la discussione dovrebbe entrare nel vivo. Manca ancora un testo di Fratelli d'Italia, ma oggi gli esponenti del partito della premier in Vigilanza hanno dato le prime indicazioni sulla loro linea. Sia il capogruppo Francesco Filini che Augusta Montaruli, vicepresidente della bicamerale, hanno spiegato che prima dell'architettura del vertice e delle modalità di nomina viene la natura giuridica dell'azienda. "Più che un'azienda la Rai sembra un ministero, che ha difficoltà a rimanere nel mercato - ha detto il primo -. Bisogna adeguare la struttura aziendale, poi possiamo discutere se debba esserci un dg o un Ad, ma questo incide poco".